Di Roberto Zucca
Non sono un amante dei ricordi e degli omaggi, che spesso sono più un modo per parlare di sé, piuttosto che delle persone che ci lasciano. Di fronte alla scomparsa di Alexis Batte, avvenuta ieri a 52 anni, però, la pallavolo si è raccolta, come si confà solo ai grandi protagonisti di questo sport, in un tributo rispettoso e affettuoso. Alexis aveva infatti illuminato, con il suo modo di essere e il suo gioco impeccabile, molti palcoscenici. Lo abbiamo ricordato nominando tutti i club in cui Batte ha lasciato non solo un segno, bensì un bagno di affetto e stima. E lo ricorda bene Federico Moretti, che con Batte ha condiviso non solo il ruolo, ma alcune stagioni nella gloriosa Videx Grottazzolina:
“Ero il secondo opposto a Grottazzolina, dietro Alexis. Lui era semplicemente Batte, con un passato glorioso. Aveva giocato anche a Falconara e per me era un idolo. È stato uno dei compagni migliori che ho avuto. In campo un giocatore fortissimo, dotato di un’umiltà e un rispetto incredibile. Credo non abbia mai litigato con nessun compagno. Con me ha dimostrato una grande umanità e la notizia di ieri mi ha molto amareggiato. Un gigante come lui ti sembra invincibile, immortale. Se a 18 anni ho deciso di non dedicarmi a tempi a pieno all’università e di proseguire con la pallavolo, lo devo anche alla passione che mi ha trasmesso“.
Quella stessa passione emerge anche dalle parole di Mattia Rosso, che a 20 anni conobbe Batte durante la sua prima stagione da professionista a Isernia. “Voglio svelarvi una cosa – esordisce Rosso – a Cuba il suo vero cognome era Battle. Su YouTube avevo trovato dei suoi video in cui sulla maglia c’era scritto il cognome corretto. Anche Argilagos, con cui l’anno successivo giocai, mi confermò che si chiamava Battle“.
“Era una persona meravigliosa, divertente, alla mano – racconta lo schiacciatore – esordivo nel mio primo anno da professionista, dopo le giovanili a Cuneo ad Isernia, e lui mi dimostrò subito il suo grande cuore. Ho tanti aneddoti su di lui. Una volta venne fermato dalla polizia, perché la figlia era a casa e non stava bene, e le farmacie stavano per chiudere. Lui saltò il passaggio a livello a piedi a Isernia e si mise a correre sui binari per andare a trovare il farmaco nell’ultima farmacia disponibile. La società fu convocata in commissariato e quando si accorsero che era la stella della pallavolo cubana lo lasciarono andare. Ci ridemmo su in spogliatoio. Era un uomo d’oro. Mancherà a tutti“.
Alexis, dopo il 2006, continua la sua strada al di fuori della serie e approda in Sardegna alla corte della Meridiana Olbia. Ad incrociarlo, il ricordo di Fabio Marcetti, schiacciatore ancora in attività, che con Batte aveva, sin dai primi giorni, instaurato un rapporto molto speciale: “Ho avuto l’onore di giocare con Alexis ad Olbia per tre stagioni. Per me era come il gigante del Miglio Verde, ossia grande, grosso, e apparentemente un uomo che poteva metterti soggezione. Invece si è dimostrato da subito una persona d’oro. Una persona positiva, un uomo che amava le sue figlie e la sua famiglia“.
“Mi lascia il metodo, il professionismo, la vita sana che conduceva – prosegue Marcetti – era meticoloso nel suo allenamento, lo guardavamo tutti fare le sue procedure irrinunciabili. Un vero professionista. Un aneddoto di Batte, che ancora mi fa ridere, è quando dovevamo svegliarlo perché iniziava a russare durante i video delle altre squadre che guardavamo prima della partita. Lui non seguiva mai, si distraeva, non sopportava di dover studiare gli avversari. Era lui che andava studiato, era lui ciò di cui gli avversari dovevano avere paura. Mi mancherà molto“.