Di Stefano Benzi
È stata una settimana davvero difficile. Tornando a pensare e a scrivere al singolare penso che una delle prerogative dell’invecchiare sia guardare ad alcune cose con maggiore tenerezza, e ad altre con grande rassegnazione. È un dato di fatto: con il passare degli anni saranno sempre di più le persone che saluteremo che quelle che accoglieremo. E ogni lutto è un grande dolore. A volte sopportabile. Altre intollerabile.
1) Dire addio
Non si può pensare di dover salutare una ragazza d’oro come Giulia Sambo, addetta stampa di Verona scomparsa a soli 32 anni. Non è tollerabile pensare che un atleta fenomenale come Michele Pasinato ci abbia lasciato a soli 52 anni. E questo riporta alla memoria altri dolori, altri lutti. Falasca, Vigor… Piero Molducci che abbiamo perso pochi giorni fa. È stata una settimana dura. Per certi versi inaccettabile in un lungo anno di sofferenza.
C’è voluto un lungo lavoro per pensare a qualcosa che non mi devasti ogni volta che devo salutare chi conoscevo personalmente. E l’unica cosa è pensare a quello che chi se ne è andato ci lascia: se penso a Piero ripenso alla mia prima intervista con lui. Fu la mia prima intervista in assoluto quando iniziai a occuparmi esclusivamente di volley. Lui era a Parma, con Vermiglio in regia. Ripenserò alla mia ultima chiacchierata con lui, quando parlammo di tapas “italiane”… Una rivisitazione con lardo, pesto e finocchiona dei suoi spuntini nella locanda che gestiva ad Almeria: un angolo di Romagna in Andalusia.
Michele Pasinato ci lascia Edoardo e Giorgio, due splendidi ragazzi che si affacciano alla pallavolo che conta nella sua società, Padova. Vigor ci ha lasciato cinque ragazzi: Alessandro sta giocando in Serie C a Ravenna e pare abbia preso molto da papà. Tiriamo avanti: pensando che il ricordo deve sempre essere più forte del dolore. In qualche modo dovrà bastare.
Ho pensato di inserire nella nostra playlist un paio di canzoni sull’argomento: una è “Supermarket Flowers” che il cantautore Ed Sheeran incise nel 2017 dedicandola alla memoria della nonna che era scomparsa da poco. La nonna di Ed si chiamava Anne Mulligan ed era la protagonista di una splendida canzone di Sheeran intitolata “Nancy Mulligan” che parlava della storia d’amore tra i suoi nonni. Fu lei a incoraggiare il nipote a suonare dicendogli “scegli sempre ciò che ti fa sentire più libero“. Con questa delicatissima canzone Sheeran tocca corde molto sensibili della vita di ognuno di noi. “…Canterò Hallelujah perché eri l’angelo che somigliava a mia madre, quando sono caduto eri lì a sostenermi. E ora apri le tue ali mentre prosegui il tuo cammino. E quando Dio ti accoglierà, diremo Hallelujah… Perché sei arrivata a casa“. Struggente.
Ai funerali americani si suonano canzoni come “My heart will go on” di Celine Dion, o “Dust in the Wind” dei Boston, “Here without you” dei Three Doors Down o la delicatissima “In Loving Memory” degli Alter Bridge. Ma ci sono anche le eccezioni: in Inghilterra c’è una canzone che parla di lasciare in eredità a chi rimane buoni pensieri, luci accese e ricordi teneri… Ed è “Special Needs” dei Placebo.
La versione originale della splendida “Supermarket Flowers” di Ed Sheeran
Una delicatissima versione live di “Special Needs” dei Placebo eseguita a Parigi durante il tour di “Sleeping with Ghosts”
2) Tra chi se ne va e chi vuole restare
In tutta questa incertezza c’è anche un gran bisogno di riconferme. Il mercato si appresta a stravolgere tutte le nostre sicurezze con un gran numero di passaggi di consegne in parte annunciati e in qualche caso sorprendenti. È normale. Deve essere così.
Ci ha fatto piacere raccogliere un paio di dichiarazioni che come al solito mostrano due lati della stessa medaglia. Da una parte Giulia Leonardi che accantona il volley per prendersi un anno sabbatico e pianificare qualcosa di totalmente suo al di fuori della palestra e delle regole del gioco. Alla UYBA pensano di ritirare la sua maglia numero 9. Meglio, magari tornerà utile tra qualche mese…
Alla stessa maniera Leon sembra davvero avere deciso di restare in Italia. Non possiamo essere ipocriti: il suo contratto è uno dei più onerosi del mondo e il suo cartellino lo vorrebbero tutti, in Russia e in Polonia, in Giappone e ovviamente qui da noi. Speriamo che Leon resti: chi segue con passione questo sport non può che augurarsi che un giocatore del genere continui a essere il valore aggiunto di un campionato che può essere definito il più bello del mondo solo se onorato dai giocatori più forti del mondo.
Per parlare di queste due notizie particolari, che ci avvicinano al concetto di strada e di percorso, ho pensato a una canzone di qualche anno fa scritta da Jackson Browne, una delle colonne vertebrali del rock americano. Browne, grande amico di Bruce Springsteen, scrisse “Running on Empty” pensando alla sua band in viaggio che tra altri e bassi vive in tour, tra un bus e un aereo, un palco dopo l’altro macinando chilometri e canzoni. E questo lungo, interminabile viaggio è il senso stesso dell’esistenza dell’artista e del gruppo, indipendentemente dalla destinazione. Una vita non molto diversa da quella degli atleti professionisti.
Una canzone meravigliosa che parla di opportunità, di scelte, di incontri. E di disponibilità. Springsteen di questo brano disse… “è una delle poche canzoni che sento e dico… ‘damn’ ma perché non l’ho scritta io?“. Un brano praticamente perfetto.
Una delle più belle esecuzioni di “Running on Empty” con una band a dir poco leggendaria è quella del “No Nukes Concert” al Madison Square Garden di New York. Enjoy…
3) Un po’ di (sana) cattiveria agonistica
Nel frattempo si continua a giocare. Perché, in tanta emotività, alla fine bisogna prestare attenzione al campo e alle partite che sono diventate decisive per un titolo, una promozione, una salvezza. Onore al merito delle quadre che stanno lottando per il quinto posto di Superlega che vale un posticino nella Challenge Cup. Anche se si sono persi un po’ di pezzi per strada vediamo che la competizione non ha perso mordente. Anche se sanzioni e squalifiche non fanno parte del bagaglio culturale della pallavolo, e a volte ci spiazzano un po’, val la pena sottolineare la tensione in campo tra Ravenna e Cisterna in una partita che molti avrebbero catalogato come “ininfluente” e che invece le due squadre hanno giocato a muso duro. Si gioca, si è competitivi, non si vuole mollare. E meno male. Magari si esagera, si sbaglia, si chiede scusa finito il rush agonistico. Ma ci sta.
Scherzandoci sopra avremmo scelto il brano “Bad Boys”, degli Inner Circle, un supergruppo reggae che ha prestato questa canzone a diverse compilation per diventare anche title track di un popolare film con Will Smith. Ok… ma pensando ai ragazzi più cattivi in assoluto ci è venuto in mente qualcosa che non abbiamo mai incluso nelle nostre playlist. E allora insieme a “Bad Boys” ecco “Don’t believe the Hype”, dei Public Enemy. Uno dei brani rap più espliciti che siano mai stati scritti. E visto che c’è bisogno di energia, magari anche più cattiva che ci spinga avanti dopo una settimana difficile… I Motörhead: il cui leader Lemmy Kilmister fu un vero e autentico pericolo pubblico numero uno. Piaccia o no. Il loro brano più cattivo in assoluto era “Overkill”, qualcosa che faceva passare la durissima “Ace of Spades” come un esercizio di grammatica della scuola elementare.
Una esecuzione dal vivo degli Inner Circle al Festival di Vina del Mar, in Cile, nel 1995.
Una versione live di “Don’ believe the Hype” dei Public Enemy
“Overkill”, eseguita dal vivo dai Motörhead nel tour del 2005, uno dei migliori di sempre
E per chiudere, eccovi la playlist completa di Spotify con tutti i brani della nostra Hit Parade!