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Hit Parade: è ancora l’8 marzo, parliamo di Lara, di Federica e della Foppa

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Di Stefano Benzi

Partiamo da un argomento magari non facile, forse non perfettamente in linea con il tono (quasi) sempre giocoso e semiserio di questa rubrica. Ma ci sono argomenti che non possono essere presi da lontano e nemmeno in modo semiserio.

Partendo dal presupposto che qualche giorno fa era l’8 marzo, e che ogni giorno ci ritroviamo tra pagine di cronaca zeppe di notizie che infangano l’idea di parità di genere, tanto vale sottolineare quello che viene scritto da alcuni insigni sociologi (uomini) che sostengono che tutti i giorni è l’8 marzo. Nel senso che ogni giorno c’è modo di fare qualcosa di utile.

Di donne e di mamme

Partiamo dunque dalla notizia che ci ha sconcertato di più, quello di Lara Lugli e della sua vertenza con la sua ex società il Volley Pordenone. La storia la potete trovare qui, con la notizia della richiesta di un pagamento non pervenuto da parte della giocatrice; e qui, con la replica della società che sostiene che la giocatrice che avrebbe lamentato l’atteggiamento del procuratore dell’atleta e il fatto che la cessazione del rapporto fosse stata motivata dal fatto che la giocatrice fosse rimasta incinta. Ulteriore replica dell’agente della giocatrice che sostiene che una gravidanza non sia inadempienza. Parlando al singolare, e dunque solo a nome di chi scrive questa rubrica, non entro nel merito di una vicenda sulla quale si esprimeranno i giudici. Del caso si è occupato il neoeletto presidente della Fipav Giuseppe Manfredi, ma anche chi – come Maurizia Cacciatori – ci manca immensamente sul campo da pallavolo. Ma nel frattempo ha messo su famiglia facendo molte altre cose. Ogni volta che la vedo le dico… “hai smesso troppo presto”. Ma poi la vedo sorridente, felice, realizzata, e capisco che è giusto così. Qui c’è una delle più belle interviste che le avevo dedicato.

Ma da anni si parla di tutela delle giocatrici, che in Italia – vale la pena ricordarlo – sono tutte giocatrici dilettanti. Soprattutto nel caso di atlete che di fronte hanno non solo una vocazione sportiva, ma anche una naturale vocazione di vita: quello di diventare madri. Conosco personalmente diverse ragazze che hanno dato tutto alla pallavolo: e quando avrebbero voluto un bimbo era ormai troppo tardi. Non ci sono parole per descrivere il loro rimpianto. Credo che a Lara Lugli manchino non tanto quei 1000 euro in discussione con la sua ex società, quanto il bambino che ha perso.

A lei, a tante giocatrici che si trovano davanti dal solito dilemma (“come sarebbe la mia vita da atleta dopo una gravidanza”) posso solo augurare che la risposta alla loro domanda sia la più semplice e veloce possibile. E che in un paese che vara aiuti per monopattini e vacanzine, ci siano anche sostegni veri e autentici per chi vuole fare l’atleta sul serio e per chi non rinuncia a essere madre.

Wendy Melvoin e Lisa Coleman sono due tra le migliori musiciste che la musica funky abbia mai conosciuto. Le due amiche erano coppia non solo artistica quando vennero reclutate da Prince per entrare a far parte dei Revolution. Furono loro a scrivere gran parte di “Purple Rain”: il film omonimo le omaggia citandole nella trama come le autrici della leggendaria canzone del genio di Minneapolis. Nel 1987 Wendy and Lisa scrivono una meravigliosa canzone dedicata alla condizione della donna e al suo ruolo nella società. É una canzone che parla di amore, di indipendenza, di leadership. Si intitola “Waterfall”, il suo testo è un laborioso gioco di immagini, sillogismi e paradossi: “Muoviti lentamente, è il tuo momento. E stai attenta, perché l’amore se ne è andato. La bomba a orologeria (intendono il tempo della gravidanza n.d.r.) della tua esistenza conta gli ultimi istanto. Le persone arrivano, poi se ne vanno. Lo accetti, fino a quando l’acqua si muove lentamente. Ma le cose cambiano quando sei sotto una cascata…”

Il video originale della deliziosa “Waterfall”

Ricordando Andrea e Federica

Un pensiero dolce a Federica De Luca, l’arbitro Fipav scomparsa tragicamente insieme al figlio Andrea nel 2016.  Vi risparmiamo lo sforzo di andare a cercare la notizia. Federica fu uccisa insieme al bimbo, 4 anni, il 7 giugno del 2016. La loro storia viene considerata una delle più tragiche, crudeli e cruente notizie di cronaca legata a un femminicidio: e un ricordo del genere è insopportabile anche per chi non la conosceva ma si trovò a dovere scrivere questa notizia. Figuriamoci per i suoi cari o i suoi amici. Tuttavia la morte di Federica diede un contributo fondamentale in un difficile e sofferto percorso di crescita e di consapevolezza in un paese dove distruggere la vita di una donna, sul lavoro, ma soprattutto in famiglia, è ancora terribilmente attuale. A Federica e Andrea è stata dedicata una pagina memoriale su Facebook e per tutta la settimana le gare che si giocheranno in Puglia saranno anticipate da un minuto di silenzio per ricordarli.

Noi, invece che stare in silenzio, dedichiamo una canzone ad Andrea e siamo certi che Federica non se ne avrà a male. La scrisse Billy Joel per sua figlia, Alexa Ray, oggi cantante e attrice affermata, quando la piccola seppe che i genitori si sarebbero separati e avrebbero vissuto divisi. La moglie di Billy Joel era la splendida modella Christie Brinkley, conosciuta durante il video di “Uptown Girl”. Una splendida storia d’amore che riempì i rotocalchi ma finì male. Eppure Christie e Billy sono ottimi amici da allora, il cantante – che ha avuto altre mogli e altri figli – sostiene che sia ancora la donna che lo capisce più di ogni altra. Una donna che, quando lui scrisse “Lullabye”, una ninna nanna per la figlia triste e inquieta per la loro separazione, lo chiamò per ringraziarlo. Questa canzone, ancora oggi, unisce tanti papà separati ai loro figli, e forse li fa litigare un po’ meno con le ex mogli… “Buonanotte angelo mio, è tempo di sognare. E sogna quanto sarà meravigliosa la tua vita. Un giorno forse tuo figlio potrebbe piangere, ma se gli canterai questa ninna nanna allora nel tuo cuore ci sarà sempre una parte di me. Un giorno non ci saremo più, ma ci saranno ninna nanna come questa, che andranno avanti all’infinito, perché non muoiono mai, proprio come saremo sempre insieme io e te”

Il video originale del brano era un vero capolavoro, in bianco e nero. Lo trovate qui.

Questa invece una struggente versione dal vivo di Billy Joel in occasione del suo storico concerto che chiude lo Shea Stadium di New York.

https://youtu.be/qNVetCOhhT8

Il Girl Power della Foppapedretti Bergamo

A proposito di Volley al Femminile chiudiamo con un’altra notizia che preoccupa. La fine del sodalizio tra Volley Bergamo e Foppapedretti che ha saputo creare per quasi trent’anni un esempio unico nel mondo dello sport italiano. Un binomio vincente: parlando di marchi e club sportivi, la Foppa Bergamo sta alla Ignis Varese, alla Simmenthal Milano, alla Panini Modena… Il binomio azienda-club era talmente solido, condiviso, cementato, che non poteva esistere la squadra senza lo sponsor. É con questa illusione che molti manager si avvicinano alle società sportive: finanziarle nel sogno di rendere la loro impresa immortale e il loro investimento eterno. Pochi ci riescono. Pochissimi. Foppapedretti e Volley Bergamo ci sono sicuramente riuscite in pieno.

Resta la speranza che qualcuno sappia cogliere il senso di questo grandissimo lavoro che è stato possibile e coerente per oltre trent’anni. Non ci possono essere malumori e non ci devono essere rimpianti. Si ringrazia, si sorride, si fa tesoro di quello che si è costruito e imparato e si cerca di andare avanti. In questi giorni si parla dell’interessamento di alcuni imprenditori bergamaschi. Speriamo che vada a buon fine. E mentre Bergamo festeggia una splendida seconda coppa consecutiva di A2 maschile con l’Olimpia, non possiamo non dedicare un pensiero alla vecchia Foppa e alle sue tante protagoniste.

Ci sono talmente tante canzoni di successo che parlano di girl power. Alcune disimpegnate come “Wannabe” delle Spice Girls, altre dedicate alle giovanissime come “Roar” o “Fireworks” di Katy Perry, altre impegnate e impegnative come “Unpretty” delle TLC o “Beautiful” di Christina Aguilera. Ma c’è una canzone che più di ogni altra tutte le donne, anche le giovanissime che ascoltano solo trap, dovrebbero conoscere e fare propria. La Regina del Soul Aretha Franklin la pubblicò nel 1968, anni difficili, di tensioni razziali e di scontri. Lei donna e nera, dominava le classifiche con un brano scritto da una cantautrice bianca, Carole King. La canzone parla di una donna che si realizza nell’amore del suo uomo: che non la vuole cambiare, la accetta così com’è, con le sue fragilità ed esitazioni. E la fa sentire vera… Un capolavoro assoluto. Il brano è stato eseguito in centinaia di versioni ed è una delle canzoni più famose di sempre. Quando Aretha morì, il 16 agosto 2018, il brano tornò prepotentemente in classifica e salì fino al primo posto, cinquant’anni dopo la sua pubblicazione. La gente fece la coda nei negozi per trovare un vinile originale.

Aretha Franklin interpreta davanti alla sua autrice, insignita del onorificenza del Kennedy Center la sua canzone più famosa. Davanti a Barack e Michelle Obama e a tanti ospiti straordinari. Un’interpretazione assoluta di una donna di spettacolo come poche altre, forse come nessun’altra.

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