Di Roberto Zucca
Gli anni passano. Ma per lui, occhi di ghiaccio e talento da vendere degli ultimi anni ’90, il tempo sembra essersi fermato agli anni più belli. Matej Cernic è sempre lì, a correre, saltare, murare, con la grinta dei vent’anni, che quest’anno ha portato la M2G Group Bari a puntare al primato della Serie B:
“Abbiamo perso qualche punticino per strada ma abbiamo avuto la meglio su Pineto, nostra diretta concorrente. Le premesse per una bella stagione c’erano tutte. Il lavoro fatto dalla società è stato eccellente”.
Il volley ai tempi del Coronavirus?
“Non sappiamo molto. Il futuro della stagione è avvolto dal mistero e spero non si tratti di spostarla troppo in là, perché giocare oltre giugno diventerebbe faticoso”.
Play off e formula da ripensare?
“Beh, con una formula più snella, sperando che si possa ricominciare, si potrebbe sicuramente permettere agli atleti di concludere la stagione con i play off e poi riazzerare tutto in attesa della stagione del 2020-21”.
La M2G Group è prima con una partita in meno. Che battaglia è la Serie B?
“È un bel campo di battaglia, inedito per ciò che mi riguarda. Gioco a pallavolo e mi diverto ancora, questo è sicuramente l’insegnamento più grande che mi porto dietro dopo la prima mezza stagione”.
Aveva smesso di divertirsi in Serie A negli ultimi anni?
“Quando ho giocato ad alto livello, e parlo della A1, ho sempre trovato il divertimento complementare a tutta una serie di altre emozioni che si provano durante tutta la stagione. Quando senti la pressione di uno scudetto, a quei livelli, il divertimento lo lasci per un attimo da parte”.
La pressione, in B, uno come lei non la avverte?
“Ho un presidente eccezionale. Si chiama Antonio La Forgia. Più che la pressione, Antonio ci ha trasmesso l’entusiasmo, che ha una sfumatura ben diversa rispetto alla pressione. È carico, è passionale, fa un lavoro incredibile per noi. Sono scelte come le sue che ti portano a non pensare se sei in serie A o B”.
Le chiedo sinceramente se a uno come Matej Cernic non pesi giocare in una serie minore.
“Le direi una bugia se le dicessi che non mi sono mai posto delle domande, come quella se scendere in B fosse la cosa giusta. Però, a un certo punto della tua carriera, fai anche pace con il passato e pensi a qualcosa di più ampio, che comprenda sia il gioco sia la tua famiglia. Spostare ogni anno la scuola delle mie figlie o chiedere a mia moglie Valeria di fare le valigie in continuazione sono cose che col tempo sono venute meno per scelta”.
I suoi avversari e i suoi compagni di squadra sanno chi è stato Cernic nel mondo della pallavolo?
“(ride, n.d.r.) Alcuni sì, e vedesse come godono a stamparmi una murata, ad esempio. Ci sono alcuni giocatori che ho incontrato negli anni nei campionati di Serie A, e vedo che gli avversari giocano al 300% contro di loro. Se ci pensa, è uno stimolo per loro vederci, anche se a fine carriera”.
Ecco, la fine della carriera. Quanto è vicina?
“Finché il fisico regge, non mi dispiace giocare. Ma quest’anno compirò 42 anni. È giusto anche solo immaginare che a tutto questo, prima o poi, io debba dire ciao”.
Per rimanere nell’ambiente?
“Non scalpito. Ma se trovassi qualcosa che, in zona Francavilla, mi permettesse di conciliare lavoro e famiglia, lo valuterei. Il problema è che la grande pallavolo in Puglia non si vede da un po’. Le realtà ambiziose sono poche. Prima c’era una storia fatta da Taranto, Molfetta. Sarebbe bello ritrovarla”.
Chi è il Cernic dei nostri tempi?
“Non le saprei rispondere. Le dico che la pallavolo alla domenica ho poco tempo di seguirla. Mi piace Kubiak. Ecco, se penso a un giocatore in cui mi ritrovo, nonostante non sia italiano, penso a lui”.