Jelena Blagojevic: “Prima di smettere voglio vincere il campionato a Rzeszow”

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Di Alessandro Garotta

Il processo di crescita che il Developres Rzeszow ha vissuto nel corso degli ultimi anni è sostanziale, frutto senz’altro della serietà, organizzazione, programmazione e concretezza che la società polacca ha dimostrato di avere come punti cardine. La crescita totale, però, la si può percepire anche e soprattutto sul campo, dove l’orchestra attualmente diretta da Stéphane Antiga funziona egregiamente, basandosi su una moderna concezione della pallavolo.

Tra le fila di questa ambiziosa squadra c’è anche una vecchia conoscenza del nostro campionato, che da ormai sei stagioni rappresenta un fattore determinante, attraverso punti, leadership, carisma e prestazioni a tutto tondo: stiamo parlando della schiacciatrice serba Jelena Blagojevic, che si è raccontata in esclusiva ai microfoni di Volley NEWS.

Foto CEV

Jelena, questa è la tua sesta stagione al DevelopRes Bella Dolina Rzeszow. Come ti trovi? E cosa ti ha spinto a legarti così a lungo a questa società?

Mi trovo molto bene a Rzeszow: non sarei rimasta qui così a lungo se non mi sentissi come a casa. È una città in cui le persone hanno una mentalità aperta e amano la pallavolo. Infatti, sia la squadra femminile sia quella maschile militano nella massima serie. Sicuramente le somiglianze a livello di lingua e cucina con la Serbia spiegano in parte come mai abbia deciso di giocare per tutte queste stagioni in Polonia, ma altrettanto importante è il legame che si è creato con i membri del mio club, che fin dal primo giorno mi hanno accolto come una di loro“.

Quali sono stati i momenti più belli della tua esperienza a Rzeszow?

Sono tanti i momenti di questa esperienza che conservo nel mio cuore. In particolare, mi piace ricordare quelli che ho vissuto nella scorsa stagione, quando abbiamo vinto la Supercoppa e la Coppa di Polonia e siamo arrivate seconde in campionato. Sono indimenticabili anche le sfide con il Vakifbank nei quarti di finale di Champions League: quando abbiamo giocato in casa c’era un’atmosfera pazzesca, con i nostri tifosi che ci hanno dato una spinta in più verso la vittoria (al tie break, n.d.r.). Spero di poter vivere ancora emozioni del genere in futuro“.

Vittoria della Supercoppa polacca (dove sei stata nominata anche MVP), secondo posto in Tauron Liga e buon esordio in Champions League. Com’è il bilancio della vostra prima parte di stagione?

Dobbiamo giocare tre partite prima di scollinare il girone d’andata in campionato, ma possiamo dire di essere partite veramente bene. È stato molto bello vincere la Supercoppa contro il Chemik Police, perché abbiamo vendicato la sconfitta in finale degli ultimi play off, battendo una squadra che ormai da tanti anni gioca ad alti livelli. Noi, invece, siamo un gruppo giovane e per molte delle nuove arrivate era la prima Supercoppa in carriera. Anche l’avvio nelle altre competizioni lascia bene sperare, visto che abbiamo vinto tutte le partite, a parte quella con l’LKS Lodz, e stiamo esprimendo un bel gioco. Dunque, siamo fiduciose per il prosieguo della stagione“.

Dove potete arrivare quest’anno? Quali sono le tue aspettative?

Come sempre mi aspetto di arrivare il più lontano possibile. Molto dipenderà dal nostro atteggiamento in campo, dal gioco e dal modo di lavorare. Durante questi anni al DevelopRes ho vinto tanto, ma mi manca ancora un obiettivo: la vittoria del campionato. Perciò, spero di arrivare ancora una volta in finale ai play off per poi provare a raggiungere questo grande traguardo“.

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Cosa ti piace maggiormente della vita in Polonia e come trascorri il suo tempo libero quando non sei impegnata con la pallavolo?

Lo stile di vita in Polonia è molto simile a quello serbo, ovvero abbastanza tranquillo. Il ritmo imposto dal calendario è molto intenso e ci capita spesso di essere in viaggio per le trasferte, quindi nei pochi momenti liberi a disposizione preferisco restare a casa, riposarmi, leggere un libro oppure ultimamente anche dedicarmi all’analisi delle partite. Quando, però, ci viene concesso qualche giorno libero in più mi piace visitare posti nuovi. In realtà, in questi sei anni non ho girato così tanto, ma il problema della Polonia è che si sviluppa su una superficie ampia e gli spostamenti non sono sempre agevoli“.

La scorsa estate hai vissuto un’esperienza del tutto nuova, entrando a far parte dello staff della Serbia per la VNL. Qual era il tuo ruolo? Cosa ti porti dietro di questa esperienza?

Per me è stata una grandissima opportunità far parte dello staff della nazionale serba, guidato dal nuovo allenatore Daniele Santarelli. Ho visto da una nuova prospettiva quello che solitamente vivo in campo, lavorando insieme alle ragazze che fino a poco tempo prima erano mie compagne di squadra. In particolare, il mio ruolo era di aiutare Daniele a conoscere la squadra, la nostra mentalità e il nostro modo di lavorare: fungevo un po’ da mezzo di connessione tra lui e le giocatrici. Da esperienze di questo tipo si impara sempre tantissimo, perciò spero di ripeterla anche la prossima estate“.

Come hai vissuto l’impresa della nazionale femminile serba al Campionato del Mondo? Le emozioni che hai provato sono state le stesse di quando facevi parte del gruppo da giocatrice?

È stato bellissimo vedere che le ragazze con cui ho condiviso tanti ritiri e tornei internazionali, emozioni dentro e fuori dal campo, sono riuscite a vincere un’altra medaglia importante per il nostro paese. Mi dispiace solo per non aver avuto la chance di stare con loro, ma ero impegnata con la preparazione a Rzeszow. Comunque, ho provato emozioni incredibili perché sappiamo tutti quanto sia difficile vincere due Mondiali consecutivi. Questo gruppo ha lavorato davvero tanto e alla fine ha raggiunto un traguardo straordinario“.

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Il caso della Serbia è impressionante: un paese con una popolazione di soli 7 milioni di abitanti – praticamente le aree metropolitane di Milano e Roma messe assieme – che vanta due medaglie olimpiche, due Mondiali, tre Europei a livello femminile e un oro olimpico e tre Europei a livello maschile. Come te lo spieghi?

È una domanda che mi fanno spesso anche in Polonia, ma probabilmente solo tra qualche anno riusciremo a trovare una spiegazione valida. Perché finora nessuno ci è riuscito. Sicuramente negli ultimi dieci anni uno dei nostri punti di forza è stato il gruppo, formato da giocatrici che hanno sempre dato il 100% per la maglia della nazionale e creato un ottimo spirito di squadra. Poi sicuramente è importante la presenza di un fenomeno come Tijana Boskovic, in grado di fare la differenza a livello mondiale. Senza dimenticare il contributo dei nostri allenatori, prima Zoran Terzic e ora Daniele Santarelli“.

Ripensando alla tua carriera, cosa ti rende più orgogliosa? Hai qualche rimpianto?

Sono davvero contenta di tutti i momenti che ho vissuto durante la mia carriera e fortunatamente posso dire di non avere alcun rimpianto. Da sempre sognavo di andare in Italia, dove giocava il mio modello di riferimento: Francesca Piccinini. E un giorno sono riuscita a raggiungere questo obiettivo, giocando in un posto speciale come Bergamo e affrontando Piccinini da avversaria. Ho solo ricordi bellissimi di quell’esperienza, così come degli anni in Polonia, prima al Chemik Police e poi al DevelopRes. Inoltre, sono orgogliosa di aver vestito la maglia della mia nazionale per tanto tempo e aver vinto una medaglia alle Olimpiadi“.

Hai già realizzato tutti i tuoi sogni riguardanti la pallavolo?

Fino a quando avrò la possibilità di giocare, coltiverò qualche sogno cercando di vincere ed essere la miglior versione di me stessa ogni giorno. Come ho detto, ora vorrei centrare la vittoria del campionato perché è l’unica medaglia d’oro che manca nel mio palmares con il Rzeszow”.

Quali sono i tuoi piani per i prossimi anni e il futuro dopo la carriera da giocatrice?

Il mio piano è di giocare ancora per qualche anno perché mi diverto tanto in campo e mi piace trasmettere i piccoli trucchi del mestiere alle compagne più giovani. Successivamente vorrei restare nel mondo della pallavolo e diventare allenatrice. La scorsa estate ho fatto il primo passo da questo punto di vista, sfruttando l’opportunità di lavorare con lo staff della Serbia per imparare e mettere le basi al mio futuro“.

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Il percorso di vita e di sport che lo attornia è caratterizzato da una fortissima autoanalisi, da una nettissima consapevolezza di chi è arrivato ad essere a ventisette anni e di chi riuscirà ad essere nei prossimi anni. Gabriele Di Martino è una forza più del pensiero che della natura, e i suoi ultimi anni, ossia quelli trascorsi ad incarnare i valori del Vero Volley, lo raccontano in tutte le sue riflessioni, in tutto il suo io interiore ed esteriore. 

È stata una stagione difficile quella del centrale di Monza, nella quale alla fine della storia è emerso ciò che di Gabriele si è detto nelle prime righe, ossia un concentrato di energia e di responsabilità, fattore che lo ha portato a chiudere l’ultima gara, quella fondamentale ai fini della salvezza con l’85% in attacco (e il muro finale, punto della salvezza). Un numero che racconta non tanto il suo anno, ma la sua maturità agonistica, dove non contano solo il risultato ma anche il modo in cui lo stesso si ottiene.

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Le auguro altre stagioni così. Anche se l’idea che resterà una stagione magica per tanto tempo e per tutti è doverosa esprimerla.

“Sì, concordo. Penso ad un amico come Galassi, compagno di ruolo con il quale spesse volte ci siamo confrontati su ciò che abbiamo vissuto assieme. Io analizzo molto il passato perché penso che sia utile anche in chiave futura. Penso all’intensità delle ultime settimane dello scorso anno, al palazzetto pienissimo in ogni ordine di posto o a come siamo riusciti ad arrivare fino alla finale scudetto”.

Il ricordo che l’ha più colpita?

“Una mamma che si avvicina con la figlia a fine partita e che quando doveva parlare è scoppiata a piangere dall’emozione. È un momento che mi ha toccato molto e ho provato anche a cercarle dopo la fine della partita per regalarle una maglia. Sono momenti in cui capisci la forza dello sport, ma anche quali emozioni ti genera una gara, nonostante tu non la stia vivendo dal campo, ma dagli spalti. È una responsabilità per noi esprimerci al meglio ed in quel modo, anche perché loro sono lì per noi”.

Non posso non chiederle che anno è stato quello appena trascorso.

“Difficile. Molti dello scorso anno non li ho più ritrovati in spogliatoio e, sebbene so che è fisiologico il cambio di squadra e gli arrivederci nel nostro mondo, mi è mancata molto quella condivisione che avevo con Galassi o Maar, ad esempio. Persone diverse, penso a Gianluca che arriva dalla montagna, lo dico sempre scherzando, mentre io arrivo dal mare, eppure c’è sempre stata una grande apertura tra di noi. È mancata la comunicazione, credo, e in tante occasioni avrei voluto essere più preso in considerazione per giocare, sono onesto”.

Cosa è rimasto del ragazzino dell’Appio Roma Volley?

“L’impegno. Ero molto giovane quando ho cominciato a giocare con loro e passai subito all’MRoma, dove trovai anche Zaytsev che giocava in prima squadra. Sono state delle belle palestre di vita, e per uno che ha sempre avuto anche altre cose, vedersi con 25 cm di altezza in più in un anno, ha cambiato le prospettive e ha aumentato la voglia di ambire a far diventare questo sport un lavoro. Anni fa ho scelto, dopo il Nautico, di fare Economia, ed ora studio Management dello Sport, perché mi piacerebbe occuparmi di pallavolo e di Europa”.

Cosa intende?

“Sono un europeista. Mi piacerebbe poter giocare il secondo tempo della mia carriera ad occuparmi di consulenza in ambito sportivo. Magari portare l’Europa in Italia e integrarla con maggior impatto sia nei club che nelle scuole. Al Vero Volley ho respirato subito una bellissima aria di innovazione e sotto questo aspetto, è stata ancora di più una spinta cercare di entrare più a fondo nel mondo dello sport”.

C’è tanta famiglia nelle sue parole.

“Mamma professoressa di informatica, papà consulente ora in pensione. La famiglia mi ha dato degli input e fatto capire che il volley lo devo vivere come un gioco. Una parte della mia vita resta il volley, il resto è altro. Ho trovato un ottimo equilibrio”.

Per quello ha vissuto bene anche il tema della nazionale.

“Resta un regalo. Ma resta anche qualcosa che è arrivata meritatamente. Credo che per me sia bello così. La mia esperienza è arrivata non per la seniority, ma per i risultati che sono arrivati dal campo e questo per me è motivo di orgoglio”.

Continuerebbe anche se non è stata la miglior stagione dal punto di vista dei risultati?

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Di Roberto Zucca