Di A.G
Con la conclusione della stagione che ha visto la Canovi Coperture Sassuolo festeggiare una salvezza conquistata con largo anticipo e una Coppa Italia di A2, si è conclusa anche la carriera di Lucia Crisanti. Quando una grande giocatrice che ha fatto la storia della pallavolo italiana lascia l’attività agonistica è sempre un momento da ricordare. I fan che applaudono. Lacrime. Cori. Il palazzetto che si alza in piedi. L’ovazione di compagne e avversarie. L’ultima partita, quella dell’addio, resta nel cuore non solo dei tifosi, ma anche di tutti gli appassionati. Perché le campionesse hanno il potere, con le loro giocate e la loro classe, di unire.
La centrale umbra ha chiuso a Sassuolo una carriera splendida con tre Scudetti (due a Perugia con la Sirio e uno a Conegliano), cinque titoli nazionali tra Coppa Italia e Supercoppa, cinque coppe europee (due Champions League e due Coppe Cev con Perugia, oltre a una Cev Cup con Busto Arsizio) e 100 presenze con la maglia azzurra, con la quale ha vinto un titolo continentale nel 2009.
Giocatrice di grande carattere e personalità, ma anche donna di estrema dolcezza e umanità, Lucia Crisanti ha ripercorso ai microfoni di Volley NEWS le emozioni di quindici anni da professionista in cui ha vestito tante maglie di grande prestigio.
Com’è nata la sua passione per il volley?
“A 12 anni un’amica di famiglia che aveva una squadra a Foligno mi invitò a giocare visto che ero abbastanza alta. Da lì è iniziato il mio percorso nel mondo della pallavolo”.
Diventare una campionessa non è facile e non basta solo il talento. Quanto sono stati importanti il lavoro costante e la passione per raggiungere i grandi successi della sua carriera?
“Fin da piccola ho dovuto fare molti sacrifici: a 15 anni sono andata via di casa per giocare al Club Italia. Non è stato facile separarmi dalla mia famiglia e dalle mie amiche per diventare a tutti gli effetti una professionista, ma solo chi accetta questi compromessi, riesce ad andare avanti e può puntare in alto”.
Qual è stata la sua vittoria più significativa?
“Ho vinto tanto e faccio fatica a scegliere un successo in particolare. Forse quello che mi rimarrà più impresso nella memoria è la vittoria della Champions League con Perugia. Era il mio primo anno da titolare in Serie A: avevo 20 anni ed è stata una grandissima soddisfazione”.
Ha qualche rimpianto o sconfitta che ricorda con dispiacere? “Fortunatamente posso dire di non avere rimpianti. Nella mia carriera ho dovuto superare diversi ostacoli ed infortuni, ma sono sempre riuscita a rialzarmi”.
Domenica scorsa ha giocato l’ultima partita della sua carriera. Quali emozioni ha provato quel giorno?
“È stata una giornata particolare e piena di emozioni contrastanti: da una parte ero contenta e curiosa di affrontare una nuova fase della mia vita, dall’altra ero triste perché si chiudeva un capitolo lungo vent’anni. La pallavolo mi ha dato davvero tanto ma, dopo le soddisfazioni di queste stagioni a Sassuolo, non c’era momento migliore per chiudere la mia carriera ed intraprendere un’altra strada”.
A Sassuolo ha condotto la squadra prima alla promozione in A2 e poi alla vittoria in Coppa Italia: se lo aspettava un epilogo del genere?
“L’anno scorso Sassuolo era una squadra costruita per ottenere la promozione, anche se non era scontato riuscirci. È stata una grande soddisfazione e una cavalcata straordinaria. Invece, la vittoria della Coppa Italia di A2 è stata proprio inattesa e, quando non si parte con il favore dei pronostici, le emozioni sono ancora più belle”.
Cosa le mancherà maggiormente della pallavolo giocata?
“Mi mancheranno il rapporto con le compagne, la condivisione dello spogliatoio e l’adrenalina che può trasmettere solo una partita di Serie A. Difficilmente riuscirò a ritrovare questi aspetti al di fuori del contesto sportivo”.
Cosa invece non le mancherà per niente?
“Le trasferte più lunghe e il lavoro quotidiano in palestra”.
Un passato glorioso e un futuro da scrivere. A cosa si dedicherà ora che ha appeso le ginocchiere al chiodo?
“Mi sono laureata in Scienze Motorie ma, visto che volevo rimanere più nell’ambito sanitario, ho cominciato la triennale di Podologia a Bologna. La mia scelta di andare a giocare a Sassuolo in una serie minore era finalizzata a conciliare lo studio e la pallavolo. Attualmente sono al secondo anno. Dopo la laurea, vorrei di intraprendere un percorso nel mondo del lavoro e magari rimanere legata al mondo del volley. Poi spero di andare presto in viaggio di nozze con mio marito, visto che non siamo riusciti la scorsa estate per via dell’inizio della stagione”.
Nell’ultimo anno la pallavolo femminile è tornata alla ribalta grazie agli ottimi risultati ottenuti dalla Nazionale al Mondiale. Qual è lo stato della pallavolo italiana? Cosa ne pensa di questo picco di maggiore visibilità?
“È una cosa normale, essendo la pallavolo femminile considerata come uno sport minore rispetto ad altri. Sono felicissima sia per la Nazionale sia per tutto il movimento. Era da qualche anno che la pallavolo femminile in Italia non era a livelli così alti: Mazzanti ha avuto il grande merito di avere fiducia nelle sue ragazze, di aver puntato su alcune giovani e di averle aiutate nella loro crescita. È stato coraggioso e spero che si continui a lavorare in questa direzione”.
Quali consigli si sentirebbe di dare alle giovani pallavoliste?
“Sicuramente direi loro di restare sempre umili, ascoltare gli allenatori e le compagne con più esperienza, impegnarsi e credere fino in fondo nei propri sogni, senza farsi abbattere dalle difficoltà”.