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La consapevolezza di Morgan Biasotto: “Sono molto severo e pretendo molto da me stesso”

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Una serata fredda, non tipicamente isolana. Un colloquio fatto di silenzi, se vogliamo lunghi, di battute, di ribattute. Con Morgan Biasotto sono arrivato con il coltello bonario tra i denti, pronto ad affondare dei colpi su una sua apparente personalità gioviale e mi sono ritrovato a buttare l’arma dopo le prime domande.

Con Biasotto, nuovo volto da 31 punti a partita (nella penultima gara contro San Sepolcro) del Cus Cagliari, sono stato un giornalista lascivo, un cronista impreparato, fiero dei pregiudizi che uno può farsi guardando qualche partita e fermandosi come capita talvolta a fissare il dito e non la luna. Davanti a me pensavo di trovare la leggerezza di un momento e ho trovato la profondità di una vita intera.

Morgan è arrivato in Sardegna quest’estate e sin dalle primissime partite mi ha colpito non tanto per ciò che ha fatto, ma per ciò che potrebbe potenzialmente fare. I suoi anni precedenti sono fatti di scoperte, di consapevolezze, di viaggi, di case che si chiamano Genova, ma anche Serbia, di maglie azzurre indossate, di estati lunghe e complesse.

Io di lei non ho capito nulla Biasotto.

“La mia storia non è semplice. Sono arrivato in agosto per la prima volta in Sardegna. Non c’ero mai stato e sin da subito mi sono innamorato. Non immaginavo di trovarmi così dai primi giorni. Forse c’è il mare che un po’ mi ricorda la Liguria in cui sono nato, forse ho trovato semplicemente una società e un gruppo in cui sto particolarmente bene. Arrivavo da un’esperienza ad Aversa che dal punto di vista della squadra e appunto del gruppo che si è creato, ha compensato tante altre mancanze”.

A Cagliari allena gli Under. L’hanno messa subito sotto.

“Alleno l’Under 13, o meglio, sono il secondo del mio compagno di squadra e amico Donato Chialà. Anche questa esperienza mi ha dato modo di conoscermi un po’ meglio. Mi motiva molto vedere la loro crescita. Come allenatore osservare un ragazzo che migliora di settimana in settimana è una gran bella soddisfazione”.

Chi è stato il Morgan Biasotto allenatore per Morgan Biasotto?

“Vladimir Grbic. Sono cresciuto nelle giovanili di Monza e poi ho fatto un percorso che fino a tre anni fa mi ha portato a sfiorare la convocazione per il Mondiale di Under. Al pre-ritiro scelgono di non convocarmi, ero all’ultimo anno di giovanile. Sono andato al camp di Vlado, ho avuto come la necessità di andare da un’altra parte per un po’ ed oltre ad aver trovato delle persone come me che all’ultimo hanno visto chiudersi le porte di qualcosa per cui lavoravano da tantissimo tempo, ho trovato un padre. Anche Vladimir, scherzando, dice che per lui sono come un figlio. Gli ho raccontato la mia storia, c’è stato un incontro tra persone che amano moltissimo questo sport. Ho lavorato anche con Nikola, suo fratello. È stato un camp che è servito a tanto”.

I Grbic non sono noti per avere una cosiddetta “mano di fata” con le persone. Educazione severa, vita dedicata ciecamente al volley.

“Quella cultura respirata in Serbia mi ha fatto bene. In fondo molta gente non si è resa conto che anche io sono molto severo e pretendo molto da me stesso. Non saprei essere una persona che prende sotto gamba l’impegno per questo sport”.

Dall’aspetto lei sembra una persona leggera, quello che in gergo si definirebbe un ca**aro. Non avevamo capito niente.

“(ride n.d.r.) Dice?”

Al Cus comincia una stagione in crescendo. All’ultima prova in casa il tabellino personale segna 31 punti.

“All’inizio volevo spaccare tutto e l’impatto con la stagione non mi ha dato occasione di farlo. Nelle ultime settimane ho avuto più occasioni per fare punti, fino alla bella prova con San Sepolcro. È una vittoria che è servita al gruppo. Eravamo carichi e la volevamo con tutto noi stessi”.

Dove vuole puntare con Menicali e soci?

“Ai playoff. La nostra squadra punta a quello”.

Un obiettivo a cui punta anche Acqui Terme, la squadra di suo fratello, che ha sconfitto proprio domenica. 

“Sono gasatissimo perché loro sono candidati alle posizioni di vertice ed è una vittoria che ha fatto molto bene a tutta la squadra”.

Che rapporto si crea tra due fratelli che giocano nelle parti opposte del campionato?

“Con Manuel non siamo cresciuti assieme. Ci ha legato il mestiere che ci siamo scelti e abbiamo cominciato a costruire il nostro rapporto due anni fa, quando ci siamo trovati a Lagonegro a condividere la stessa maglia, la stessa società e la stessa casa. È stato un anno fatto di tante cose, ma certamente un anno in cui con Manuel ho riscoperto il valore della fratellanza. Un rapporto in divenire di cui non so fare a meno adesso”.

Di Roberto Zucca

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