Di Stefano Benzi
Un sogno chiamato Corea del Sud: un campionato ricco, competitivo, difficile ma non estenuante dal punto di vista del ritmo delle gare e degli allenamenti e che garantisce un sacco di soldi. Un contratto da 300mila dollari per gli uomini e da 200mila per le donne.
La V-League non è particolarmente conosciuta in Europa: le immagini che arrivano sono poche, non c’è una distribuzione di diritti televisivi e il progetto è ancora all’inizio di una fase di sviluppo che si sta facendo molto rapida e interessante. Quattro anni fa la KoVo, la Korean Volleyball decise di aprire il campionato ai giocatori stranieri ma siccome le squadre erano poche e c’era il timore di cannibalizzare i vivai locali, limitarono il numero di stranieri a un atleta soltanto per squadra.
Contratto identico per tutti: impossibile prendere Leon o Leal o Zaytsev. Si accoglie chi davvero vuole andare a vivere in Corea del Sud e con un contratto parificato. Per scegliere il giocatore viene organizzato un try out: un camp di alcuni giorni nel quale tutti i giocatori professionisti che vogliono tentare hanno la possibilità di mettersi in mostra. Vengono organizzate partite, esercizi e una serie di allenamenti molto intensi. Niente pubblico: gli unici spettatori sono i dirigenti delle varie squadre. La tv coreana che detiene i diritti segue tutte le partite minuto per minuto e intervista in tempo reale tutti i protagonisti. D’altronde in questo periodo di reality dove ci sono le audizioni o i provini ci devono essere anche le telecamere…
Quest’anno la sede dei try out – che i coreani amano definire draft – è stata Monza. In realtà è un draft che non ha niente a che fare con quelli americani, ormai ridotti a una sorta di lotteria molto spettacolarizzata e mediatica: nel try out coreano si lavora duro e ci si gioca tutto.
A bordo campo i dirigenti di ogni squadra del campionato che prendono appunti, filmato, discutono e controllano i movimenti laterali di ogni singolo atleta dalle videocamere posizionate alle spalle del campo. Dopo tre giorni di camp arrivano i risultati e ai prescelti viene consegnata la nuova maglia. L’impatto con la Corea e il suo campionato sarà durissimo: alcuni giocatori non durano più di due mesi: essere l’unico straniero in una squadra completamente coreana è dura. Ma lo stipendio è eccellente… Liberman Agamez, colombiano di 33 anni che lo scorso era allo Sporting Libsona è stato scelto dal Woori Card di Seul. Torna in Corea là dove aveva già giocato, alla Samsung, l’olandese Thijs Ter Horst, in passato anche a Piacenza e Verona. Anche lo sloveno Mitja Gasperini, prima allo Hyundai e poi al Korean Air, torna proprio alla squadra aeronautica di Incheon. Yosvany Hernandez Carbonell, dopo un bell’esordio in Nazionale, si era perso con brevi contratti in campionati di second’ordine l’ultimo dei quali a Minsk. Ora giocherà al Rush & Cash di Ansan. Resta in Corea dopo due anni al Woori Club, Krisztian Padar che ha firmato gli Hyundai Skywalker. Perché una delle cose da sottolineare è che se anche un giocatore ha militato per più anni in Corea per essere nuovamente tesserato deve comunque passare dal draft.
Spiccano i casi di due giocatori che conosciamo bene: uno, Simon Hirsch, nelle ultime stagioni a Monza, ha firmato per il Suwon Kepco Vixtorm mentre l’altra, Berenika Tomsia, in evidenza a Conegliano, Monza e Filottrano ha firmato un sontuoso contratto da 200mila euro con i ragni rosa di Heungkuk.
Il campionato coreano maschile conta sette squadre e si sviluppa su un doppio turno di regular season prima dei play off: la squadra che vince il campionato va direttamente in finale e affronta la formazione che supera un turno di qualificazione di semifinale. Quest’anno il trofeo è andato allo Hyundai Skywalkers che ha battuto in quattro gare il Korean Air Jumbos.
Identica la dinamica del torneo femminile, anche se il campionato è a sei squadre: quest’anno vittoria dell’Expressway in tre gare sull’Industrial Bank of Korea.