Di Stefano Benzi
Mi ha divertito molto la discussione tra la Fipav e Ivan Zaytsev, giocatore simbolo della nostra nazionale di volley che si prepara a un’edizione molto interessante dei Campionati Europei. Siamo qui per informare e non per nascondere le cose, anche se si tratta di marchi per altro ultra-noti dell’assortimento sportivo. La Fipav ha un accordo con la casa giapponese Mizuno che fornirebbe le scarpe a tutta la nazionale. Un marchio eccellente, non c’è dubbio. Ma Ivan Zaytsev ha un contratto personale con la Adidas per indossare le scarpe tedesche: se andate a vedere le foto di repertorio della nazionale tutti, Ivan compreso, indossano Asics (vedi foto che si riferisce alle Olimpiadi di Rio) che è anche uno dei main sponsor dei club di Superlega Maschile e Lega Femminile.
È un bel pasticcio: Ivan ha già detto che indossa Adidas non tanto per questioni economiche ma perché la casa gli fornisce un plantare praticamente fatto su misura e si aspetta la stessa garanzia da Mizuno. Andiamo a vedere che cosa succede in altri sport diversi dal volley.
Nello sci ogni atleta si sceglie sci e scarponi e lavora personalmente con i tecnici delle case che lo forniscono per avere il miglior risultato da scioline e attrezzature. Se sbaglia gli sci… problema suo. Nessuno sciatore può portare marchi sulla tuta della nazionale che è per altro zeppa di sponsor: in compenso ha la facoltà di sfruttare un cappellino, che ogni sciatore indossa rapidamente dopo la discesa, per dare visibilità all’unico patrocinio personale che ha. Ricordo Max Blardone mettersi in testa un berretto di lana bianco con la scritta “spazio disponibile” o con due grossi punti interrogativi quando in piena carriera agonistica non riusciva a trovare uno sponsor.
Nel nuoto alcuni anni fa – era il 2009, anno del Mondiale in Italia al Foro Italico, allagato per l’occasione visto che gli impianti costruiti sono ancora chiusi, in malora e sotto inchiesta – ci fu il caso di Federica Pellegrini: la Federazione di nuoto grazie soprattutto alla popolarità di Federica, la cui immagine pesava più di quella di tutta la squadra maschile e femminile messa insieme, strappò un accordo sontuoso con la Jaked. Era il periodo del costume-guaina che garantiva prestazioni da record: Federica era sponsorizzata con un contratto quadriennale dalla Mizuno. La Pellegrini disse chiaramente che non avrebbe indossato il costume della Nazionale, perché i suoi introiti arrivavano dagli sponsor e non dalle vittorie in azzurro. Sarà un brutto modo di dire le cose: ma quando vinci due ori nei 200 e nei 400 ai Mondiali, sbriciolando tre record, e il tuo compenso dalla Federazione è di 3000€, ben vengano gli sponsor. In fondo la tua professione è quella: ci campi, e per pochi anni di gloria, se sei davvero forte e competitivo.
Nel tennis le partite che si giocano con la nazionale, Coppa Davis o Fed Cup, pretendono che il tennista indossi il completo ufficiale della sua rappresentativa senza alcun richiamo al suo sponsor personale che può invece mostrare nei tornei ATP e WTA. Motivo per il quale in passato molti fuoriclasse hanno preferito rinunciare alle manifestazioni per nazioni.
Veniamo allo sport più popolare: il calcio. Il giocatore ha il sacrosanto diritto di prendere a calci il pallone con le scarpe che preferisce, alcuni sono strapagati e indossano bizzarre combinazioni dai colori terrificanti che però sono dei prodigi di tecnica. Materiali nuovissimi, resistenti e del tutto impermeabili che rivestono tutto il piede come se fossero una tuta spaziale. Ogni campione mette la firma al proprio modello che poi viene venduto in versione replica nei negozi di tutto il mondo. Ogni campione ha il suo plantare che, proprio come quello di Zaytsev, viene elaborato al computer con materiali di nuovissima generazione.
Morale della favola: occorre buon senso, da una parte – quella dei giocatori – e dall’altra, quella delle federazioni. In tutta onestà nel calcio è una bella battaglia pretendere buon senso da calciatori e agenti come da Federcalcio e Lega. Ma il volley può anche fare uno sforzo, in fin dei conti si è sempre vantato di essere altro in questo paese del calcio.
Le Federazioni italiane non possono permettersi di fare i conti in tasca a nessuno, soprattutto agli atleti che in qualche caso anticipano di tasca loro i soldi per allenarsi e prepararsi nel modo migliore. Ho in mente l’esempio di Tania Cagnotto che sta ancora aspettando il centro di eccellenza per nuoto e tuffi che le era stato promesso quando vinse il Mondiale Juniores a Calgary nel 2000. Sono passati diciassette anni, Tania ha smesso di tuffarsi e le piscine costruite sono quelle sequestrate di cui sopra: per prepararsi a Mondiali, Europei e Olimpiadi Tania se ne andava negli USA.
Trovo assolutamente legittimo che un giocatore possa sfruttare la sua capacità in termini di sponsor e marketing senza che la cosa diventi esagerata o danneggi il suo club. Faccio un esempio: se un’intera squadra ha uno sponsor tecnico, e un unico giocatore ha firmato un contratto esclusivo, si può discutere, trovare un accordo con un valore “altro” che sia utile al club. Quale lo dico tra poco. Ma fino a prova contraria sono gli atleti il valore dello sport e l’efficacia della sua comunicazione. Con regole chiare c’è spazio e posto per tutti: senza esagerare e senza imbrattare maglie della nazionale con brand assortiti sempre nell’interesse del movimento, in particolare se si parla di vendere i prodotti della nazionale.
Quale può essere il valore “altro” per un club? Scarpe per tutti! Negli States quasi tutti i club accademici di High-School e Università hanno uno sponsor tecnico: a patto che offra le scarpe gratuitamente a tutte le squadre, fino a quelle infantili. Pensateci… crescere dentro quel paio di scarpe e diventare grandi insieme. È un messaggio fantastico. Tant’è che oggi, proprio in occasione dei camp che aprono la stagione agonistica, tutti i marchi più importanti si contendono i mercati più interessanti: anche se questo può significare fornire scarpe gratuitamente a 1500-2000 ragazzi fino all’età matura.