Di Redazione
Se la pubblicazione del protocollo Fipav per la ripresa degli allenamenti ha scontentato, e non poco, gli addetti ai lavori della pallavolo, ancora peggio è andata al Beach Volley, di fatto assoggettato alle stesse rigidissime norme pur avendo a che fare con spazi ben più ampi e molte meno occasioni di contatto. Così otto protagonisti del beach italiano, titolari di altrettante società, hanno deciso di scrivere una lettera aperta per chiedere alla Federazione di ripensare il protocollo con accorgimenti semplici ma sufficienti a ripartire: massimo di 8 giocatori per campo, divieto di muro, limitazione del campo con un corridoio centrale e soprattutto passaggio della palla consentito.
Tra i firmatari dell’appello ci sono molti dei grandi nomi del movimento: Dionisio Lequaglie, Gianni Mascagna, Thomas Casali, Gianluca Casadei, Eugenio Amore, Paolo Ficosecco, Filippo Cecchini e l’olimpionico di Sydney 2000 Andrea Raffaelli, fondatore della GranTeam Academy con sede principale a Basiglio, alle porte di Milano. All’ex direttore tecnico della nazionale femminile abbiamo chiesto di approfondire l’argomento.
“Non volevamo puntare il dito contro le decisioni della Fipav – spiega Raffaelli – ma alzare un po’ la voce per far conoscere meglio il nostro mondo. È chiaro che il protocollo lo rispetteremo, non vogliamo certo mettere a rischio gli atleti o andare incontro a conseguenze spiacevoli. Ci chiediamo però se davvero chi ha scritto queste regole conosce il Beach Volley, e se sono state prese in considerazione tutte le situazioni che riguardano il nostro sport“.
Quali potrebbero essere le ripercussioni sul movimento del Beach Volley italiano?
“Ci siamo riuniti in 8 per questo appello, ma in realtà le società in Italia sono tantissime. Bisogna capire che il Beach Volley non è fatto solo di tornei e di stagione estiva: ormai è una disciplina che coinvolge decine di società sportive che vivono di questo, e di collaboratori che fanno questo come attività principale. Certo, per i praticanti può essere solo un divertimento, ma per noi è un lavoro che andrebbe tutelato“.
E come si potrebbe fare?
“Differenziando la pallavolo del Beach Volley, innanzitutto. I nostri gruppi sono più ridotti, anche nella peggiore delle ipotesi ci saranno in campo sempre meno persone dell’indoor; e poi c’è il vantaggio di giocare all’aperto. Volendo, insomma, ci sarebbero tutte le possibilità per riprendere l’attività in sicurezza. Ma alle condizioni attuali è come se un bar da 40 posti potesse riaprire con solo 2 tavolini… Ecco, sappiamo che non potranno essere 40, ma qualcosa in più magari sì“.
Lei parla di corsi e lezioni, ma per l’attività agonistica ci sono margini?
“Tutto sarebbe fattibile, a patto di consentire il passaggio della palla. All’estero tutti stanno andando in questa direzione, come in Spagna o in Germania, dove addirittura il 13 giugno si ripartirà con la Beach Liga. Noi vogliamo sottostare alle giuste scadenze per tornare in campo, ma questo protocollo non consente nemmeno di ‘riaprire il bar’, per restare in metafora. E tutte le società hanno costi da sostenere e impegni da onorare“.
Voi alla GranTeamAcademy come vi regolerete?
“Il 1° giugno riapriremo regolarmente, come consentito dalla Regione Lombardia, e ricominceremo con le attività consentite dal protocollo: nessun passaggio della palla, bagher individuale, qualche esercizio di tecnica e un po’ di preparazione fisica. Il problema è che ripartiremo con un numero veramente piccolo di persone: dei nostri vecchi iscritti se ne è presentato 1 su 6, forse su 7“.
Torneranno una volta finita l’emergenza?
“Speriamo di sì, ma intanto altri sport come tennis e paddle tennis si possono praticare, ed è chiaro che qualcuno farà rotta su quelle discipline. Poi non è detto che decidano di tornare da noi. Insomma, il rischio è quello di perdere tesserati, e questo vale ovviamente anche per la pallavolo indoor“.