Di Roberto Zucca
È carico di consapevolezza, di certezze, di entusiasmo. Matteo Sperandio è l’uomo della provvidenza, colui che quest’anno ha scelto di fare un passo deciso verso la Serie A3 e la Biscottificio Marini Delta Po Porto Viro, e di condire tutto questo con una manciata di sogni e aspirazioni che vanno al di là della pallavolo giocata:
“Non voglio parlare di una scelta legata solo ed esclusivamente alla logistica. Ma è pur vero che volevo stare vicino a casa, vicino a Padova in cui ho scelto di vivere e di terminare i miei studi. La società è organizzata, ambiziosa, le prime sensazioni sono assolutamente positive. E il campo ci sta dando ragione”.
Sembra una questione tra venete il girone della A3 di Porto Viro?
“Per ora la lotta nelle prime giornate vede noi, Motta di Livenza e San Donà. Ma sono davvero tutte squadre dignitosissime. Penso a Prata o a Cuneo che abbiamo già affrontato, e con giocatori come Casoli può fare la differenza”.
Che campionato le è sembrato dalle prime giornate?
“Agguerrito. Nuovo. Stimolante. Uso questi tre aggettivi che spiegano perché ho scelto la A3 da un punto di vista professionistico. Ci sono squadre che possono fare una buona A2 in futuro e altre che farebbero troppo la differenza in serie B. Dico che è tutto molto interessante. Vedremo”.
Cosa chiede questa squadra a Sperandio?
“Un contributo. E anche un’esperienza da mettere a disposizione della squadra. Volevo giocare, volevo fare il mio e ho scelto di chiedere a Porto Viro di darmene la possibilità. Non ho bisogno di dimostrare qualcosa in particolare. Voglio solo fare le mie domeniche in campo e giocarmela sempre”.
Che bilancio fa degli anni in Superlega?
“Positivissimo. Ho militato nelle ultime stagioni in una società come Padova nella quale ho trovato un ambiente molto buono e dei compagni che sono diventati anche dei buoni amici. Ho sentito solo la necessità di giocarmi questi anni in maniera diversa. In prima linea”.
A Padova si diceva che lei fosse un uomo spogliatoio.
“Me lo hanno fatto notare non solo a Padova. Sono un atleta a cui piace creare un buon feeling anche fuori dal campo con i compagni, perché penso che aggiunga un elemento in più alla squadra. Ho trovato giocatori come Travica, come Randazzo, ma le direi tutti, con cui creare tutto questo. Il bilancio è stato un crescendo”.
Se le dico Francesca Mattiazzo, cosa mi dice?
“Le dico che è la donna che fa parte della mia vita e con cui sono cambiato molto. È una persona speciale, con cui ho condiviso il mio lavoro in comune col suo, la pallavolo, e con cui sto molto bene”.
Possiamo dire che a 27 anni sembra un atleta risoluto e risolto?
“Ho affrontato la mia carriera con la consapevolezza di dove potevo arrivare. Sono contento della strada fatta anche perché è contornata da altre esperienze oltre la pallavolo. Vorrei terminare gli studi in comunicazione e poi cercare di entrare in azienda, magari nel marketing sportivo”.
È per questo che è rimasto a Padova?
“Sì. Lo studio ha importanza per me e anche il crearmi un piano B. Non mi dispiacerebbe rimanere nell’ambiente. Ma vorrei fare più qualcosa nel dietro le quinte. Penso a un brand sportivo ad esempio”
Le posso chiedere cosa si porta dietro dello Sperandio dei tempi del Club Italia?
“Una grande voglia di fare. Un grande equilibrio dato da una famiglia che ha sempre creduto in me ma ha saputo lasciarmi scegliere e rispettare le mie scelte. E una grande indipendenza. Sono andato via di casa a 16 anni. È stata una bella sfida vinta”.
Lei è cresciuto a Treviso, un’accademia della pallavolo. Ripartirebbe da lì?
“Trovo strano che ci si voglia allontanare da una realtà come Treviso. Io e Francesca viaggiamo non appena abbiamo dei giorni liberi e trovo estremamente interessante farlo. Ma se dovessi ritrovarmi a 35 anni a Treviso e ricominciare da zero la mia vita oltre la pallavolo, ne sarei solo felice”.