Quella della Mint Vero Volley Monza è senza ombra di dubbio una gran bella storia di sport, ma guai a chiamarla favola. Qui non siamo al cospetto di una meteora, di un lampo a ciel sereno, ma del naturale risultato raggiunto da anni di lucida programmazione step-by-step, senza mai fare il passo più lungo della gamba perché alla Vero Volley, prendendo a prestito un celebre claim, non si costruiscono sogni ma solide realtà.
Una crescita costante avvenuta nei tempi giusti e soprattutto figlia dell’operato autorevole di dirigenti bravi. A partire dal direttore sportivo Claudio Bonati che ha sempre saputo costruire roster di valore, ma quest’anno si è decisamente superato dando vita ad una squadra dal tasso tecnico davvero elevato.
Cachopa miglior palleggiatore del campionato, e su questo non si discute. I tre martelli Takahashi, Maar e Loeppky, prelevati da Padova, Cisterna e Taranto, qui sono diventati tutti top player e infatti andranno via come il pane a fine stagione. Galassi e Di Martino certezze assolute, di sicuro la miglior coppia italiana di centrali in circolazione, entrambi divenuti grandi con questa maglia tanto da pensare di poterli rivedere insieme anche in estate (ogni riferimento a De Giorgi e alla nazionale è puramente… voluto). E che dire poi di Gaggini, prodotto del settore giovanile del Consorzio, mandato a Verona per giocare da titolare (nella passata stagione sarebbe stato “chiuso” da Federici) e quest’anno esploso come un pallone di Maradona a capodanno nei vicoli di Napoli. Da “azzurrare” senza se e senza ma pure lui già dalla prossima VNL (poi chissà).
Una squadra dal tasso tecnico decisamente importante, per usare un eufemismo, ma per essere ciambella col buco questo non basta, e altrove in questa stagione lo si è visto chiaramente. Per andare oltre i propri limiti e le proprie virtù serviva avere anche un’anima, e Monza di anima ne ha da vendere.
I suoi giocatori non fanno altro che ripeterlo dallo scorso ottobre. Sono, si sentono e si definiscono “Squadra” con la S maiuscola. Tra le mura dell’Opiquad Arena hanno creato insieme qualcosa di speciale e non banale, perché non così facile da creare o ricreare. Sono diventati un gruppo vincente stringendo una grande amicizia collettiva fuori dal campo che poi, in campo, si è tradotta in comunione d’intenti. E qui, l’unico intento, non è stato semplicemente quello di provare a vincere un titolo da mettere nel proprio curriculum, nel proprio palmares, ma bensì quello di fare qualcosa di grande insieme. Grande come una finale scudetto impronosticabile a inizio stagione.
C’è una bella differenza. Magari, a gettare ancor più benzina sul fuoco che arde dentro ognuno di loro, c’è proprio il fatto che molti sono all’ultimo ballo con questa maglia: The Last Dance… “all together”. Non è un segreto, infatti, che tanti il prossimo anno cambieranno squadra, e questo forse li ha spinti ancor di più a dare tutto quello che avevano. A Trento, in Gara 5, lo hanno visto tutti molto chiaramente e non è un caso che sui social tanti tifosi avversari, compresi quelli di Civitanova, Trento stessa e addirittura Perugia, prossima ed ultima avversaria di questa corsa, abbiano riconosciuto ed esaltato lo spirito di questa squadra, il suo fuoco, la sua fame, il suo gioco.
Già il gioco. Qui bisogna rigorosamente tessere le lodi di Massimo Eccheli, l’underdog per antonomasia. Arrivato “tardi” da capo allenatore in Superlega (questa è la sua quarta stagione) per una geniale intuizione della presidente Alessandra Marzari, come da lui stesso raccontato in più occasioni, Eccheli in punta di piedi ha sempre centrato i suoi obiettivi stagionali per poi riuscire, anno dopo anno, ad alzare sempre di più l’asticella senza che nessuno glielo avesse chiesto né tantomeno imposto. La finale scudetto, come pure la conseguente qualificazione alla prossima Champions League, sono altre pagine di storia di questa società che portano indelebile la sua firma.
Una persona che non ama essere sotto i riflettori, se non quelli del palazzetto durante allenamenti e partite, perché più delle parole preferisce far parlare i fatti, il campo. E i fatti, i risultati, alla fine della fiera gli hanno dato sempre ragione, anche al netto di qualche buca da scansare durante il percorso. Vedi il lungo stop di Cachopa lo scorso anno o le soste forzate ai box di Takahashi in stagione regolare o di Maar all’inizio della serie di semifinale. Lui, però, ha sempre trovato una soluzione a tutto.
Conigli dal cilindro, come quello con cui ha battuto Trento al suo stesso gioco, per lo meno quello che gli era valso lo scudetto, ovvero rinunciando all’opposto di ruolo in virtù di tre schiacciatori per aumentare l’efficienza in attacco e ricezione. Ma pure una gestione “pacifica” degli alti e bassi che ha permesso di non subire emotivamente la rimonta di Civitanova nei quarti (Monza era avanti 2-0 nella serie) né tantomeno farsi sopraffare dall’esaltazione dopo Gara 4 di semifinale contro l’Itas (Monza era sotto 2-0 nella serie).
Un allenatore preparato, motivato, ma anche un signore, una persona davvero a modo. Quanti si sarebbero stracciati le vesti dopo Gara 5 a Trento parlando solo della loro impresa? Eccheli invece come prima cosa ha riconosciuto il valore degli avversari e la sfortuna che hanno avuto nel perdere Sbertoli per infortunio, aggiungendo anche che “nessuno di noi aveva mai pensato di venire via da Trento con una vittoria per 0-3”. Per quanto la sua Monza ci sia andata terribilmente vicino, ma alla fine le vittorie sofferte sono anche quelle più belle. In questo caso “In puro stile Vero Volley” come dichiarato dalla stessa presidente Marzari.
Quale sarà l’esito ora di questa finale scudetto nessuno può dirlo, ma quanto fatto sin qui da Monza è già abbastanza per farci una docuserie sportiva di quelle che tanto ci piace guardare sulle piattaforme streaming.
Riuscirà la “garra” di questa squadra a sopperire alla mancanza di esperienza in fatto di finali scudetto? Sarà sufficiente il sistema con tre schiacciatori per contrastare la potenza di Perugia? La chiave è tutta qui. Se le gambe non tremeranno, potremmo assistere a una serie davvero avvincente e spettacolare. Il motto qui è uno e uno solo: “Non succede, ma se succede…”
Di Giuliano Bindoni