Di Alessandro Garotta
Si conclude con un altro podio la partecipazione dell’Italia ai Campionati Mondiali femminili: la medaglia di bronzo ottenuta grazie al 3-0 sugli USA è la terza conquistata dalla nazionale nella storia della manifestazione, la seconda consecutiva. Archiviata così, seppur solo in parte, l’amarezza per il k.o. in semifinale contro il Brasile, al termine di una partita in cui la squadra di Davide Mazzanti non è riuscita a sfruttare tutto il suo potenziale e giocare con la qualità offerta in altre occasioni.
Con le pagelle delle singole giocatrici proviamo a valutare tutto il percorso azzurro nella rassegna iridata.
Alessia Orro voto 6-. La palleggiatrice sarda era certamente una delle azzurre più attese alla vigilia, e darle un voto negativo o inserirla in una classifica che contempli l’essere meno incisiva di altre fa un po’ strano. Eppure le sue compagne si ritrovano troppo spesso a fare i conti con palle scomode, arretrate o staccate da rete. E se la regia non funziona, è difficile che la squadra trovi il ritmo giusto: in quella sinfonia wagneriana che avrebbe dovuto essere il gioco dell’Italia, Orro suona come un bemolle, una nota che, diminuita di mezzo tono, fluttua a mezz’aria, come sospesa, e dà un senso di incompiutezza.
Ofelia Malinov n.g. Quando viene schierata nello starting six contro Porto Rico offre un contributo tutto sommato positivo, cercando di mettere in mostra la sua creatività nella costruzione del gioco. Per il resto, pare evidente che non è abituata a ricoprire il ruolo di seconda alzatrice e ad incidere entrando in corso d’opera.
Paola Egonu voto 6,5. In questo torneo l’opposta veneta ci fa gridare di gioia, ma anche per la disperazione. Il problema non sono tanto i punti realizzati (ben 275) o la positività in fase offensiva, quanto la sua efficienza: a 244 attacchi vincenti fanno da contraltare ben 77 errori, per un’efficienza finale del 33,81%. È come se, al netto degli errori, Egonu avesse messo giù un pallone ogni 3 tentativi. Certo, per caratteristiche non è una giocatrice sempre continua e il suo repertorio attuale non comprende dei colpi interlocutori o attacchi piazzati a tre quarti di braccio (di base vuole superare il muro-difesa sparando sulla parallela o ancora meglio sulla diagonale nei 7-8 metri, al massimo cerca le mani alte del muro), e Mazzanti le dà fiducia anche quando incappa in strisce di 3-4 schiacciate senza punto, proprio perché serviva aspettare la migliore Paola per battere le altre big. La sua violenza di braccio, fuori scala rispetto anche alla maggior parte degli altri opposti, è un’arma in grado di interrompere qualsiasi passaggio a vuoto, ed effettivamente pure nella semifinale contro il Brasile realizza 30 punti, di cui 28 attacchi. A cui però vanno aggiunti 16 errori, per un’efficienza del 19% (negli ultimi due set lo score è addirittura di 12 colpi vincenti e 10 errori). La zampata da fuoriclasse arriva nella finale per il terzo posto (25 punti in tre set), ma è troppo tardi.
Sylvia Nwakalor n.g. Si pensava che fosse pronta per dare un po’ di fiato ad Egonu, ma nell’unica vetrina che le viene concessa da titolare – contro il modesto Kenya – non dà le risposte attese in fatto di solidità e continuità di rendimento (16 punti con il 19,35% di efficienza offensiva e 8 errori).
Caterina Bosetti voto 6,5. Per gran parte del torneo fa tutto alla perfezione: batte, riceve, attacca e mura con un margine di errore veramente ridotto, dimostrando completezza, attitudine e carattere. Purtroppo nel momento della verità, almeno sotto il profilo dell’importanza della posta in palio, stecca in maniera abbastanza clamorosa; è sembrato quasi irreale vederla annaspare in quel modo contro il Brasile (nel complesso mette a referto 103 punti – di cui 18 battute vincenti e 11 blocks – con il 16,43% di efficienza in fase offensiva, il 64% di ricezione positiva e il 32% di perfetta).
Miriam Sylla voto 7. Come ormai ci ha abituato nei grandi tornei internazionali, la capitana cresce partita dopo partita, ritrovando nella seconda fase quella brillantezza fisica imprescindibile per esaltare il suo gioco. Mazzanti punta su di lei anche quando non sembra in giornata, perché un suo recupero sarebbe stato troppo importante per aggiungere un’altra uscita all’attacco, per non parlare dell’energia e della personalità con cui trascina il gruppo. Effettivamente dalla partita contro il Giappone migliora in ricezione e si sblocca in attacco, riuscendo a dare sfogo alla sua esplosività, che le permette di stringere la diagonale, la sua traiettoria preferita, o di sfondare pure contro il muro piazzato (alla fine totalizza 98 punti, con il 28,91% di efficienza in fase offensiva, il 67,39% di ricezione positiva e il 29,81% di perfetta). Nella semifinale contro il Brasile è l’ultima ad arrendersi.
Elena Pietrini voto 6. Quando tutto fila liscio dà l’impressione di essere un buon fattore per l’Italia grazie alla varietà di colpi in attacco che si ritrova, ma appena il gioco si fa duro fatica a mettere la palla a terra e risulta fragile in ricezione. Probabilmente è condizionata dai problemi alla schiena patiti in agosto e, al di là dell’exploit con l’Olanda (19 punti), non si ripete sugli standard degli ultimi Europei. Chiude il Mondiale con 70 punti, il 29,94% di efficienza in fase offensiva e il 25,00% di ricezione perfetta.
Alessia Gennari n.g. Non entra praticamente mai, se non per qualche giro dietro. Nel ruolo di banda la concorrenza è agguerritissima, ma per lei rimane la soddisfazione di aver fatto parte del gruppo mondiale.
Anna Danesi voto 7,5. La centrale si conferma una delle giocatrici dell’Italia più continue, raggiungendo quasi sempre un rendimento altissimo, anche grazie alla grande fiducia che ripone in lei Orro. La velocità del suo braccio e la capacità di girare la sfera evadendo quasi sempre dal controllo delle avversarie, ne fanno un vero incubo per le altre squadre (123 punti con il 60,47% di positività in attacco e il 48,84% di efficienza). Ovviamente fa la voce grossa anche a muro, da sempre il suo marchio di fabbrica, in cui si dimostra granitica con 42 stampate e un patrimonio di tocchi decisivo quando conta. A 26 anni, Danesi ha raggiunto un’affidabilità esemplare.
Cristina Chirichella voto 5,5. Premessa: puntare il dito contro la “principessa” e affermare che la maglia azzurra sia ormai diventata un vestito troppo largo per lei è un esercizio abbastanza inutile, almeno se l’obiettivo è tenersi a una certa distanza dai j’accuse da Bar Sport. È altresì vero che al Mondiale non abbiamo visto la versione migliore della centrale partenopea. Ha difficoltà ad andare a segno con la fast (42,39% di efficacia e 27,17% di efficienza su 92 attacchi) un po’ per una questione di timing con le alzate, un po’ perché tende a colpire in extra-rotazione e, attaccando piuttosto spostata verso l’asticella, ha poco angolo per tenere la palla in campo. Oltretutto, dopo il match con l’Argentina si ferma per un problema muscolare e nelle sfide decisive viene sostituita da una Lubian più incisiva con la palla in 2.
Marina Lubian voto 6,5. Le sue buone prove stanno diventando una consuetudine dalla seconda parte della stagione 2021-2022, e questa rassegna iridata non fa eccezione. Chiamata in causa al posto di Chirichella, dimostra di avere tanta personalità: le sue fast sono un fattore che l’Italia sfrutta a dovere (24 attacchi vincenti con il 47,06% di positività), specialmente nel doppio confronto con la Cina; anche a muro è presente andando a segno per 7 volte, mentre in battuta chiude con 7 ace e 14 errori.
Sara Bonifacio n.g. Una sola apparizione e 5 punti (di cui 2 muri), nel 3-0 contro il Kenya, è troppo poco per assegnarle un voto. Ma anche per lei vale il discorso fatto per quelle giocatrici meno coinvolte: ai margini delle rotazioni, non del gruppo.
Monica De Gennaro voto 7. Le battitrici avversarie cercano di evitarla, ma riesce comunque a ricevere per 119 volte con buone percentuali: 51,26% di tocchi perfetti e 47,90% di efficienza (coprendo molto bene le zone di conflitto). Dove dà il meglio è però in difesa: acrobata senza paura, grazie alla sua reattività e alla capacità di leggere il gioco e scegliere la posizione giusta, risponde alle bordate che arrivano dall’altra parte della rete, salvando molti palloni che favoriscono le rigiocate delle nostre attaccanti.
Eleonora Fersino n.g. Entra nelle sfide contro Kenya, Olanda e Brasile col piglio di chi non ha nulla da dimostrare, dando smalto alla ricezione azzurra. Anche per lei, come già scritto per Malinov, si tratta di riserva extra-lusso: sarebbe interessante vederla con più continuità, ma le gerarchie sono importanti, specie negli sport di squadra.
Davide Mazzanti voto 6. Su questa Italia c’erano tante aspettative, giustificate: addirittura molti dicevano che fosse la nazionale femminile con il quoziente di talento più alto nella storia pallavolistica nostrana. La sensazione è però che tutta questa aspettativa, tutta questa narrazione attorno all’ambiente azzurro, non abbia giovato più di tanto. Proprio come è successo alle Olimpiadi di Tokyo, la squadra celebre per esser sorridente, spigliata e giovane non usa il sorriso come arma per un gioco intraprendente ed estroverso, ma come maschera di circostanza che impedisce di notare ed affrontare i reali momenti di difficoltà. Dunque, l’errore del Commissario Tecnico sta nel fatto di non aver riconosciuto la sirena dell’allarme che suonava dopo alcune prestazioni sottotono e la sconfitta contro il Brasile nella fase a gironi, ed aver continuato a pensare (o a fingere di pensare) che tutto sarebbe andato bene e che Egonu & Co. avrebbero spiccato il volo nell’ultima settimana del Mondiale. Invece, tornano con una medaglia di bronzo, magra consolazione per una corazzata partita per fare il vuoto.