18 punti, 61% in attacco, 6 muri vincenti, 1 ace: un tabellino sontuoso, che diventa eccezionale se si parla di una centrale. E strabiliante se si pensa che quella centrale, Linda Nwakalor, ha appena 21 anni e il volley di vertice lo sta assaggiando per la prima volta quest’anno con la Savino Del Bene Scandicci, dopo due stagioni a Perugia. “È stata una bellissima partita sin dal primo set – dice la sorella di Sylvia commentando la sconfitta al tie break contro Milano – peccato un po’ per il finale, perché speravamo di portarcela a casa. Però mi è piaciuto il nostro atteggiamento, nonostante fossimo due set sotto siamo rimaste lì e siamo riuscite ad arrivare al tie break. Poi vabbè, ci lavoriamo e vedremo le prossime volte“.
Che Nwakalor non fosse finita per caso nel giro della nazionale, con cui ha partecipato anche al torneo di qualificazione olimpica, era noto a tutti. Ma vedera protagonista a questi livelli, rubando la scena addirittura a una collega di ruolo di altissimo rango come Carol, è comunque una sorpresa: “Devo dire che è un’emozione giocare e avere spazio in una così grande squadra. Cerco di fare del mio meglio, con l’aiuto delle mie compagne e della fiducia che mi danno. Sono molto contenta!” conclude con un gran sorriso.
Per Scandicci commenta anche il coach Massimo Barbolini: “Penso che la nota positiva sia stata che non abbiamo mollato nei momenti difficili. Eravamo eravamo sotto 2-0 e stavamo perdendo 20-15 nel terzo set e quindi la partita era praticamente finita. Le ragazze invece sono state brave e punto a punto hanno recuperato. Nel tie break poi sono decisivi gli episodi e un’imprecisione, un servizio o un altro aspetto della gara può fare la differenza tra vincere e perdere. Torniamo da Milano portandoci dietro tante note positive e anche alcune cose su cui sappiamo che dovremo lavorare, dal punto di vista individuale e di squadra. Per essere la terza partita di campionato, la seconda nella quale le ragazze giocano tutte insieme, penso che siano più le cose positive che quelle negative“.
di Eugenio Peralta