L’isolamento di posto due: gli opposti della Final Four

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Di Roberto Zucca

Un attaccante deve sentire il peso dell’isolamento. Loro in più dovranno sentire il peso della determinazione. Un errore potrebbe compromettere l’esito di una partita. Ogni attacco dovrà inevitabilmente trasformarsi in punto. Sono gli opposti, le diagonali del mistero e delle doppie cifre obbligatorie. Le stelle che possono far volare in alto le squadre e i giocatori fisicamente più in grado di far fronte alla furia e alla determinazione dei muri di posto tre che quest’anno sono veramente potenti. Solitamente sono le bandiere delle loro nazionali. Quest’anno, la new entry Argenta spariglia un po’ le carte e ne esalta ancora di più caratteristiche e diversità.

ANDREA ARGENTA: tutti gli occhi sono puntati su di lui. Arriva a queste finali con sorpresa e con una voglia di fare bene che gli riconosce anche il tecnico Stoytchev a cui affida il posto due appartenuto a Modena ad alcuni tra i migliori del ruolo. Fino allo scorso anno era titolare fisso ma in una categoria inferiore. Quest’anno il palcoscenico della Superlega lo ha conquistato con fatica e non privo di qualche problema fisico. Nei movimenti e nel gioco ricorda Fei e tutti lo vogliono anche in azzurro perché potrebbe essere un deterrente importante per il nuovo gruppo che sta predisponendo Blengini. La Coppa sarà il suo primo vero banco di prova. Siamo sicuri onorerà la maglia. E il trofeo.

Punto di forza: il suo enorme talento. Ha annullato la serie A2 lo scorso anno chiudendo la stagione con prestazioni degne di un leader. Quest’anno ha preso in mano le redini di una Azimut apparentemente persa senza Giulio Sabbi e sta conquistando pubblico e responsabilità. Vuole affermarsi, arrivare in alto e lavora su sé stesso come nessuno perché la vetta non la vuole guardare più dal basso.

Punto di debolezza: l’inesperienza potrebbe fare brutti scherzi se non fosse mediata da un enorme senso di responsabilità che ha nelle sue corde dentro e fuori dal campo. È acerbo ma potrebbe sbocciare. O potrebbe essere troppo presto. Who knows.

ALEKSANDAR ATANASJEVIC
La delusione nei suoi occhi è un ricordo indelebile di fronte all’eliminazione della Sir dello scorso anno. La mancata final four aprì un momento per lui che ha saputo gestire dimostrando di essere comunque consapevole che quest’anno la finale l’avrebbe dovuta rincorrere. E così ha fatto. Un percorso bello, quello di Aleksandar, che ora si ritrova in testa al campionato e con la fame di chi vuole il secondo trofeo dell’anno. La prima avversaria, Trento, l’ha saputa già gestire con audacia in campionato, in una gara senza storia, che si ripeterà tra due settimane. Ora in Coppa il discorso è diverso ma le aspettative soprattutto su Magnum sono altissime. Chiappa in difesa contro di lui sabato dovrà fare il 200%.

Punto di forza: la sua grinta. Vorrebbe attaccare solo lui e vorrebbe De Cecco solo per lui. È positivamente egoista e si esalta come pochi quando il pubblico lo sostiene. È preciso, astuto e ha un gioco che cambia continuamente. Difficile frenarlo quando è in palla. Difficile murarlo quando vuole saltare troppo in alto.

Punto di debolezza: i momenti morti della gara. Quando talvolta ci sprofonda è difficile riprenderlo. Si eclissa, deconcentra e caratterialmente non è facile da gestire. Ha una fortuna: avere De Cecco come compagno di squadra. Nessuno più di lui sa motivarlo e accontentarlo con i palloni spinti che lui ama attaccare.

TSVETAN SOKOLOV
È un soldato. E più che da salvare come il soldato Ryan del film, è lui stesso che salva la Lube con le sue prestazioni. Lo scorso anno conquistò il trofeo mettendo a segno 20 palloni vincenti. La sua diagonale con Christenson appare quella più costante e quella tecnicamente più efficace. Ha dichiarato negli ultimi giorni che dopo la Supercoppa persa, la Coppa Italia è un obiettivo societario ma soprattutto un suo obiettivo personale (compreso il titolo di miglior giocatore che lo scorso anno dovette cedere a Osmany Juantorena suo compagno di squadra). E lui gli obiettivi sa sempre come centrarli.

Punto di forza: la sua forza. Fisicamente è un bulldozer che abbatte qualsiasi muro. Quello di Modena domenica l’ha un po’ sofferto, ma a fine gara già gridava vendetta. Sarà complesso fermare la sua corsa soprattutto se opterà per il manifuori che alle volte appare come un autentico fuoricampo. Se Grebennikov costruisce la palla buona assieme a Christenson difficilmente ci sarà un muro contenitivo.

Punto di debolezza: il suo ultimo periodo. In alcune partite forse soffre il non essere determinante e attacca meno perché Juantorena e Sander hanno priorità in alcune fasi di gioco. Vuole tornare a vivere di luce riflessa. Ma ha il pregio di lavorare per la squadra meglio di molte primedonne della pallavolo.

LUCA VETTORI:
Luca Vettori è il sacro e il profano del trofeo di quest’anno, il rosso e il nero che ferisce se vuole, l’ago della bilancia di questa Trento che vince assieme e senza di lui. Non è particolarmente legato ai trofei perché la pallavolo la vive a livello più alto, come se fosse un lavoro che appaga lo spirito ma Lorenzetti gli chiede quel qualcosa in più che potrebbe portare lui e Giannelli a distinguersi già sabato in una sfida molto difficile contro Perugia. Lo scorso anno con la maglia di Modena perse in semifinale proprio con la sua attuale squadra. Sarà l’anno buono?

Punto di forza: il suo talento. Ne ha tanto, dovrebbe ricordarselo. Quando Luca non è impegnato ad arzigogolare sé stesso e la partita un cono di luce appare sul campo. Non è determinante ma è essenziale quanto basta. Non è aggressivo ma è capace di graffiare più degli altri. Sabato sera dovrà appunto graffiare  forse per la prima volta in questa Coppa.

Punto di debolezza: la sua testa. La pallavolo è vissuta con amore e odio, un po’ come se fosse una lotta intestina con il suo spirito. È indecifrabile nelle performance e nell’equilibrio. Chissà cosa pensi caro Luca, ma speriamo che i tuoi pensieri in questa final four ti portino a qualcosa di veramente buono.

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