Di Stefano Benzi
Da dove arrivo io c’è un modo di dire molto volgare che non posso ripetere ma che cercherò di farvi capire perché rende l’idea, soprattutto quando si spara su un avversario che non può replicare, che non può nemmeno più alzarsi in piedi.
Non sono uno di quelli che sale sul carro di chi vince, ma non sono nemmeno uno che al posto del carro dei vincenti monta una forca. Quando in redazione i miei giovani colleghi mi hanno chiesto “secondo te cosa facciamo con l’Olanda?” io ho risposto, “perdiamo e male”. Non scommetto, non so nemmeno distinguere un ante da un post; ma me lo aspettavo. Le Azzurre sono sempre andate a sprazzi e hanno dimostrato di sapere giocare molto bene, ma a tratti hanno anche espresso fragilità e ingenuità da squadra di basso profilo. Ci sta arrivare ai quarti e perdere per come ha giocato l’Italia fino a oggi. Ci sta perché avevo visto l’Italia ma soprattutto avevo visto l’Olanda, una squadra animata da una determinazione furiosa, in condizioni fisiche stratosferiche e con una confidenza nei propri mezzi granitica.
Me lo sentivo, magari non così brutalmente; e forse se lo sentiva anche Mazzanti quando il giorno prima della partita ha dichiarato che era necessario “alzare l’asticella, andare al di là dei limiti”. Sicuramente se lo sentivano le ragazze che sono entrate in campo quasi rassegnate. Mi dispiace; principalmente per le ragazze perché vedete… ora saranno tutti a prenderle di mira ma prima di questo Europeo erano le stesse ragazze che si diceva avrebbero riaperto un ciclo. Ora sono sul banco degli imputati e dovranno spiegare il perché e il percome di un insuccesso che non è sicuramente solo il loro. Loro però lo pagheranno, psicologicamente e anche fisicamente: perché per mesi si sono ammazzate di fatica senza un giorno di riposo.
Le Azzurre con questa batosta ci hanno semplicemente dimostrato che l’Italia è ferma dov’era da anni: ai quarti di finale di un torneo continentale che non passiamo per la terza volta di fila. A un secco 3-0 dall’Olanda, non il Brasile, che non battiamo dal 2011. E se l’Italia a pallavolo non vince con l’Olanda che ha, credo, nemmeno un ventesimo dei nostri iscritti e la cui popolazione globale è inferiore a quella della Lombardia, dobbiamo farci delle domande.
Colpa delle ragazze che vanno in campo? Della Malinov che si è fatta male e della Sylla che ha una curiosa reazione iperproteica alla carne bianca (come altre giocatrici del resto)? Colpa di Mazzanti che ha gestito quello che poteva?
No, la colpa è che da tempo ci sono troppi paesi come l’Olanda, Santo Domingo, l’Uruguay, l’Iran, la Polonia, la Turchia che hanno imparato mentre noi non abbiamo più niente da insegnare e forse abbiamo bisogno di qualche ripetizione.
Ci riflettano i dirigenti dello sport italiano, vale per la pallavolo e per molte altre discipline che in questo paese del calcio sono state appaltate a politici di professione ma di scarso mestiere. Forse è il caso di chiamare l’idraulico e riparare la falla. Non serve un ingegnere, e nemmeno un politico. È il momento che la gente che sa lavorare faccia il suo lavoro.
Il mio è quello di raccontare e in qualche caso giudicare: e ripeto. Mi dispiace per le ragazze, ma per i tronfi rappresentanti di un movimento che ha bisogno di una ripulita vera, assoluta, totale, per mezzi e sistemi che hanno del vetero-dittatoriale, no. Nemmeno un po’.