Lucia Bosetti, il carisma di un capitano silenzioso: Scandicci, la Turchia, il Mondiale e la famiglia

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Di A.G

Presenza fondamentale nello spogliatoio, sempre a disposizione delle compagne, tanto silenziosa quanto carismatica in campo: Lucia Bosetti è sicuramente uno dei pilastri della Nazionale costruita da Davide Mazzanti.

Dopo una rassegna iridata da incorniciare, la schiacciatrice è stata protagonista di un’ottima prima parte di stagione a Scandicci, dove sta mostrando il meglio delle sue qualità, della sua intelligenza tattica e della sua grande tecnica. Perché Lucia, solo 176 centimetri in uno sport che ogni anno di più vede dei giganti in campo, è davvero una giocatrice completa: eccezionale in difesa, pungente al servizio, perfetta in ricezione, con il braccio veloce ed una predisposizione naturale a muro. E quando c’è da palleggiare non si tira indietro, unendo precisione e potenza. Un vero trattato di pallavolo fatto persona.

Una campionessa del suo calibro non ha bisogno di presentazioni. Ma se si dovesse descrivere con tre aggettivi quali sceglierebbe?
Penso di essere molto precisa perché mi piace che ogni cosa sia al suo posto e lo sono sia in campo che fuori. Sono caparbia visto che quando mi pongo un obiettivo, cerco di raggiungerlo a qualsiasi costo. Infine, il terzo aggettivo è timida perché faccio fatica a mostrarmi aperta fino a che non conosco bene una persona”.

Il legame tra la sua famiglia e il volley è molto forte. Iniziare a praticare questo sport è stato un obbligo o una scelta?
All’inizio è stata una semplice conseguenza del fatto che i miei genitori allenavano e trascorrevano tutto il giorno in palestra. Quando poi ho constatato quanto mi piacesse la pallavolo, ho cercato fortemente di arrivare il più in alto possibile. Non sapevo se avrei mai raggiunto la Serie A, ma quello era il mio obiettivo”.

Recentemente ha giocato contro Casalmaggiore, squadra in cui milita sua sorella Caterina. Che rapporto avete?
Abbiamo un rapporto bellissimo. In questo periodo Caterina sta recuperando la migliore condizione fisica dopo un grave infortunio. Giocare contro di lei in questa situazione non è stato facile: speravo che disputasse una buona partita, visto che so bene quanto sia faticoso e complicato tornare al top dopo un incidente del genere”.

Cosa significa per lei essere il simbolo e il capitano di una società ambiziosa come Scandicci?
Per me essere il capitano di Scandicci è un grande onore. È la prima volta che rivesto questo ruolo e spero di riuscire a farlo nel migliore dei modi. Nella mia carriera ho sempre cercato di aiutare le compagne più in difficoltà perché mi hanno insegnato che bisogna mettersi al servizio della squadra a prescindere dal proprio ruolo”.

Mercoledì giocherete una partita fondamentale per il vostro percorso in Champions League contro Conegliano. Quali saranno le chiavi tecnico-tattiche per cercare di indirizzare la gara a vostro favore?
Conegliano è una delle formazioni più forti della competizione. Sarà importante cercare di arginare il loro gioco veloce e fare la differenza in battuta. Abbiamo già dimostrato che possiamo giocarcela alla pari con top team facendo vedere tutte le nostre qualità”.

La sconfitta per 3-0 in semifinale di Coppa Italia con l’Imoco fa ancora male? Cosa vi è mancato in quella partita?
Sicuramente non abbiamo approcciato al meglio quella partita, sprecando una grandissima occasione. È stato tanto il rammarico perché non siamo riuscite ad esprimere la nostra pallavolo e, pur giocando molto male, siamo riuscite a rimanere in scia alle avversarie in ogni set. Nelle partite secche può capitare di perdere: la stagione è ancora lunga e dobbiamo guardare avanti”.

Quali sono gli aspetti che la Savino del Bene dovrà migliorare per poter essere al top nella fase finale della stagione?
L’obiettivo delle prossime settimane sarà quello di continuare il nostro percorso di crescita, trovando un amalgama sempre migliore. Dovremo cercare di evitare altri scivoloni come quelli con Conegliano in Coppa Italia e Casalmaggiore in campionato”.

Capitolo Nazionale. Cosa le è rimasto del Mondiale in Giappone?
La rassegna iridata è stata un’esperienza fantastica, frutto di un lungo lavoro, durato tutta l’estate. Non so perché ci sia stato così tanto entusiasmo da parte del pubblico, ma sicuramente è stato emozionante: siamo riuscite a trasmettere la passione per quello che stavamo facendo in quel momento. Resta un po’ di amarezza e dispiacere per come è andata la finale, ma lo sport è anche questo. Dobbiamo considerare il Mondiale come un punto di partenza”.

Cosa prova quando indossa la maglia azzurra? L’emozione è sempre la stessa oppure ogni volta prova qualcosa di nuovo?
Ogni volta che indosso la maglia della Nazionale provo emozioni forti. Magari nelle partite amichevoli si può sentire meno l’adrenalina, ma il momento dell’inno è sempre speciale perché si capisce l’importanza di rappresentare il proprio Paese”.

Nella sua carriera ha vinto tanto: qual è stata la vittoria che le ha dato maggiormente gioia e perché?
I trionfi in campionato e Coppa di Turchia con la maglia del Fenerbahçe rimarranno per sempre nel mio cuore perché sono arrivati nella stagione post-infortunio: è stato il miglior modo per riprendere il percorso che avevo interrotto”.

Come vede il suo futuro dopo la carriera da giocatrice?
In futuro vorrei costruire una famiglia e magari rimanere nell’ambito della pallavolo, ma non come allenatrice. Mi piacerebbe rivestire un ruolo dirigenziale o legato all’aspetto organizzativo”.

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