Centinaia di mani che battono per un applauso scrosciante, tanti palloncini gialli e blu (i colori della Polisportiva San Filippo Neri) che volano in aria, e poi quel gesto della compagna di squadra Kenia Carcaces, che allunga la mano a sfiorare per l’ultima volta il carro funebre che si allontana. Così il mondo della pallavolo e la sua Milano hanno dato, questa mattina, l’ultimo saluto a Julia Ituma, la giovanissima giocatrice della Igor Gorgonzola Novara scomparsa la scorsa settimana a Istanbul.
Ai funerali tenutisi nella parrocchia di San Filippo Neri hanno partecipato centinaia di persone: più di 500 hanno trovato posto in chiesa, le altre si sono riversate sul sagrato, dove è stato trasmesso l’audio della cerimonia. Un abbraccio infinito a “Titu“, come tutti la conoscevano, da parte di atlete, dirigenti, autorità, ma anche e soprattutto gente comune, compagni di scuola, frequentatori dell’oratorio in cui la giocatrice di origini nigeriane, che ci ha lasciato appena 18 anni, aveva conosciuto la sua passione per la pallavolo.
L’ingresso del feretro in chiesa è stato accolto da un lungo applauso, ma il momento più toccante è arrivato a fine cerimonia, con l’abbraccio ai familiari di Julia e le giocatrici a sciogliersi in un pianto inconsolabile: in prima fila, naturalmente, le compagne di squadra di Novara – l’allenatore Stefano Lavarini ha seguito tutta la cerimonia in piedi, accanto all’amico e CT della nazionale Davide Mazzanti – e quelle del Club Italia, in cui Ituma aveva giocato fino allo scorso anno, oltre alle ragazze e ai membri dello staff che hanno condiviso con lei il percorso nelle nazionali giovanili. Presenti anche rappresentanti di Busto Arsizio, Pinerolo, Casalmaggiore, Bergamo, Vero Volley Milano, insieme al presidente di Lega Mauro Fabris e al ministro dello Sport Andrea Abodi.
Don Ivan Bellini, il parroco che ha celebrato le esequie, ha voluto ricordare Julia attraverso un proverbio africano: “Per educare una persona occorre un villaggio intero. Julia ha sempre cercato di dare il meglio per sé e per tutti, e il suo percorso l’ha portata a impegnarsi a pieno in tutte le realtà. La sua vita è stata la dimostrazione che anche le nostre città possono essere luoghi di integrazione, condivisione, crescita umana e spirituale. Tutti continuavamo a seguirla e tifare per lei, il suo cammino era diventato motivo di entusiasmo per la nostra comunità: Julia era una buona notizia per noi“.
Don Bellini ha voluto poi ricordare le parole di Papa Francesco pronunciate durante la pandemia (“Non bisogna vergognarsi di avere paura del buio, le paure si devono esprimere. Non scoraggiatevi, se avete paura portatela alla luce“) e ha aggiunto: “Ci vogliono sempre infallibili, vincenti e forti, ma noi vogliamo rivendicare il diritto a essere fragili e a essere amati così come siamo. Questo è il dono più bello che possiamo fare a noi stessi e alla nostra cara Titu. Figlia nostra, sorella, amica, grazie per ciò che sei stata per tutti noi“.
L’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha a sua volta inviato un messaggio, esprimendo “vicinanza e condivisione in un momento di strazio e smarrimento per un enigma incomprensibile. Si affollano domande e sensi di colpa, che si affiancano a ricordi lieti. Viviamo insieme il dramma di renderci conto che la vita non ha mantenuto la sua promessa di felicità. Non sappiamo cos’abbia sofferto Julia, ma sappiamo cosa vuole Gesù: che tutti siano salvati“.
La cerimonia si è chiusa con l’intervento del dottor Alexis Elias Malavazos, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano, che ha svelato un volto di Julia che pochi conoscevano: “Una giovane donna studiosa, dall’intelligenza molto spiccata, curiosa di apprendere. Aveva caratteristiche molto rare che sono quelle del ricercatore, mai contento e soddisfatto, sempre desideroso di raggiungere i suoi obiettivi. Julia aveva un grande progetto e si stava già preparando al test d’ingresso per l’università, perché ognuno ha talenti in diversi campi. Prego tutti voi giovani di coltivare la cultura e lo studio, che sono le cose che danno la libertà vera di potervi esprimere: la costruzione di un progetto è la costruzione di una persona. Bisogna permettere a questi atleti di continuare a studiare: dobbiamo farlo, al di là dei risultati. E soprattutto vi prego di parlare, le parole sono importanti“.