Di Redazione
Altro appuntamento in casa capitolina, dalla penna di Andrea Ceccarelli.
All’inizio del secolo scorso, cominciarono a diffondersi alcuni sport, inventati nell’ultima decade del 1800 da insegnanti che volevano motivare i propri studenti a fare attività fisica con anche la finalità di stimolare l’aggregazione, la socialità e l’agonismo educativo, nel rispetto di alcune regole. Insomma, quella che è tutt’oggi la finalità di approccio allo sport, soprattutto quello di squadra.
Casualità volle che a distanza di pochissimi anni, ma nello stesso stato, in Massachusetts, negli Stati Uniti di America, s’inventarono due dei più importanti sport di squadra esistenti, la pallacanestro e la pallavolo.
Quest’ultima, a parte una serie di attività con la palla assimilabili, risalenti a secoli precedenti e addirittura a greci e romani, ebbe una fase, diciamo embrionale, in Germania in un gioco chiamato “faustball”, traducibile come “pallapugno”.
Le basi della pallavolo moderna vennero però inventate, un paio di anni dopo, nel 1895, in America, da William Morgan con il nome di “mintonette”, nome ispirato da un gioco similare praticato dai nobili francesi, fortunatamente poi ribattezzato, da Alfred Halstead, “volleyball”.
Il gioco veniva proposto in alternativa ad altri sport dove il contatto e la forza nel corpo a corpo erano elementi preponderanti, si voleva far primeggiare altre abilità quali l’agilità, la coordinazione, la reattività, la capacità di concentrazione, tra l’altro con delle regole che ancora non prevedevano il limite dei tre tocchi o il fondamentale del muro, introdotti, il primo nel 1922 e il secondo nel 1938.
Nel 1928 si giocarono le prime partite ufficiali in Italia, nel 1946 venne creata la Fipav e un anno dopo la FIVB, con le prime 14 nazioni aderenti, tra cui l’Italia.
Nel 1964, a Tokyo, la pallavolo entrò a far parte del programma olimpico.
Oggi, il nostro sport risulta essere, da dati pubblicati di recente, il quarto sport più praticato e popolare nel mondo. Il secondo sport di squadra più praticato in Italia, dopo il calcio, e il primo in assoluto al femminile.
Ne ha fatta di strada il “faustball”, “mintonette” o “volleyball”.
Per la pallavolo e per tutti gli sport il rischio di un rallentamento nella costante espansione registrata negli ultimi decenni è rappresentato dalla crescente diffusione degli sport virtuali.
Al di là di questo momento, in cui l’emergenza per la pandemia mondiale sta mettendo in crisi tutte le attività presenziali e agglomerative, con rischi comunque non indifferenti per le attività di base, le società e le associazioni sportive, la tendenza alla sedentarietà e all’uso di strumenti digitali nella Generazione Z, per altro, con uno sviluppo della realtà virtuale vertiginoso, costituiscono una possibile minaccia per la salute dei ragazzi e per la socializzazione che lo sport promuove, educando e formando in modo spontaneo per strada e più organizzato nelle palestre.
L’E-Sport, ovvero lo sport virtuale, conta su circa 350 mila e-gamer, praticanti ufficiali, e una base di 1.200.000 giocatori in Italia. Esistono campionati nazionali, europei e mondiali di E-Sport, più comunemente chiamati video giochi sportivi.
Stiamo parlando di numeri enormi, tanto da spingere il CONI ad aprire un dialogo con la FederEsport.
Un argomento che merita di essere ripreso in un altro approfondimento perché credo che tutte le proposte innovative vadano valutate con attenzione e apertura mentale.
Speriamo però che i video giochi, inventati sul finire dello scorso secolo, non arrivino mai a minacciare gli sport veri, inventati circa cento anni prima, arrivando a indurre i giovani a praticare gli E-sport invece di quelli reali praticati sudando e socializzando all’aperto o in palestra.
Anche per questo è importante, sempre nel rispetto delle norme igienico sanitarie in vigore, ricominciare a praticare sport, quello vero, riprendere le attività di base, rimettere insieme ragazze e ragazzi, facendo ginnastica, atletica, inseguendo un pallone o nuotando, quanto prima e quanto più possibile.
Sono dell’idea che le motivazioni che mossero quegli insegnanti, sul finire del XIX° secolo, ad inventare nuovi sport stimolanti, motivanti, aggreganti e formativi, siano ancora oggi uno degli elementi più importanti per la salute fisica e mentale dei giovani e anche di tutti noi.
Sono convinto che, oltre alla cura dell’ambiente in cui viviamo, l’attività fisica, una passeggiata, una partitella tra amici, una nuotata o un giro in bici, se non possiamo più praticare uno sport agonistico, uniti a una sana alimentazione, al piacere della socializzazione, all’emozione che trasmettono le arti, la cultura, lo sport e alla passione che mettiamo nelle cose che amiamo, potranno avere la capacità di meglio difenderci da minacce pandemiche, malattie, solitudine e invecchiamento precoce.
(Fonte: comunicato stampa)