La carriera di Marco Fabroni è un film che percorre una lunga pagina del cinema della pallavolo nazionale, ma è soprattutto una pellicola che tocca la storia di una Sardegna del volley che fu e che, grazie al più forte palleggiatore della Serie A3, torna prepotentemente sulla scena.
Siamo nel 2004, quando Fabroni arriva a Cagliari, conquistando tutti, ma soprattutto tutto, circa un anno dopo. Cagliari torna in A1, Marco è fra i protagonisti più amati. Ricordano tutti l’annuncio del suo addio. Così come quel legame con l’Isola che sembra non essersi spezzato. Il direttore sportivo Leila Lai, che in quegli anni si affacciava nel mondo della pallavolo, lo ricontatta anni dopo, e gli propone di accompagnare la sua Sarlux Sarroch in questo primo e molto sfidante anno di serie A3. È così che il legame con la Sardegna della pallavolo torna prepotentemente a mettere al centro della scena Marco e la sua amatissima Isola:
“Avevo già espresso alla mia procuratrice negli scorsi anni la volontà di stare più vicino ai miei figli, quando una buona opportunità si fosse presentata per me. Lo scorso anno a Catania, e negli anni della pandemia, non ho avuto modo di viverli come avrei voluto. I campionati pesano, le distanze anche. Così, quando il ds Lai l’ha contattata per propormi il progetto di Sarroch, la trattativa è durata un giorno. Ho subito detto di sì“.
Il suo legame con la Sardegna. Un ricordo indelebile.
“Sì, sono stati anni molto belli, seguiti da un rapporto speciale che ho sviluppato nei confronti di questa terra. I miei figli vivono qui e a maggior ragione il rapporto con l’isola si è mantenuto negli anni. Sono tornato con la voglia di stare tanto con loro, ma anche con il desiderio di scrivere un’altra pagina bella con questa società“.
I primi giorni, le prime sensazioni.
“Un gruppo con cui mi trovo molto bene. Quest’estate ho avuto modo di conoscere il capitano Riccardo Romoli, che ha subito avuto la sensibilità di portarmi dentro il progetto. Non conoscevo personalmente nessuno di loro, ma c’è una bella armonia e una bell’atmosfera. In palestra lavoriamo molto, c’è tanta voglia di fare bene e sapevo di una squadra molto affiatata. L’impatto è molto positivo“.
Cosa le è stato chiesto? Lei è uno che sposta facilmente gli obiettivi con la sola presenza.
“Certamente l’obiettivo è quello di mantenere la categoria. Negli scorsi anni, ad esempio con Catania, siamo riusciti a vincere i campionati e devo dire, per me, a livello individuale, sono state stagioni che sono andate bene. Poi tutto quello che arriverà in più sarà ben accetto. Però dobbiamo essere concreti e concentrarci sull’obiettivo salvezza“.
Ovviamente per lei sarà il primo anno del famigerato derby con il Cus Cagliari.
“Sì, lo scorso anno è stato molto particolare per la pallavolo sarda, perché due società di serie B sono riuscite a salire in serie A3. Quindi saremo in due a contenderci la serie A. Il derby è inedito perché negli anni di Cagliari eravamo soli in serie A2. La vivrò come una partita intensa da giocare. Ma sarà esattamente come tutte le altre partite che giocherò, niente di più e niente di meno“.
Il carattere di Fabroni, la personalità accentuata. È ancora presente?
“(ride, n.d.r.) Quella c’è sempre. Vivo ogni stagione con la stessa passione. A 42 anni le sfide mi piacciono ancora“.
Le chiedo, anche se prematuro, se l’idea di restare, stavolta, è un qualcosa che la sua testa ha contemplato.
“Sì, mi piacerebbe chiudere la carriera in questa società. Mi piace ciò che vedo e mettermi a disposizione non mi dispiacerebbe. Significherebbe anche aderire ad un progetto famigliare in cui non resto più lontano dai miei figli. Sì, stavolta sarebbe molto bello“.
Suo figlio maggiore, Andrea, ha 11 anni. Ha pensato che all’esordio sarà in tribuna a vedere lei e a tifare per Sarroch?
“Sì. È una sensazione che mi mette addosso molta carica, ma anche molta emozione. Vederlo lì mi servirà tanto“.
di Roberto Zucca