Di Roberto Zucca
Di Padova è uno dei fiori all’occhiello. Il veterano esploso in una società che punta sui giovani da molti anni, è alla prova della maturità. E finora, Marco Volpato, in questa prova, è stato promosso a pieni voti:
“E’una bella stagione personale. Non lo nego. Avere Travica come palleggiatore è ovviamente un supporto e uno stimolo a far bene. In assenza di Randazzo ci è stato chiesto di fare qualcosina in più rispetto al passato e questo ha portato Drago a puntare su me e Polo come soluzione di gioco, dandoci quella responsabilità che volevamo avere. Finora il risultato è stato buono”.
Padova ha dimostrato di poter fare paura a tanti. L’ultima in ordine di tempo è stata Modena.
“E’stata una bella partita, nella quale abbiamo dimostrato che come squadra riusciamo a mettere in difficoltà anche corazzate ben più forti sulla carta. E ci siamo riusciti facendo il nostro solito gioco, non regalando nulla agli avversari e facendo al meglio ciò che sappiamo”.
Senza Randazzo come è andata in queste ultime settimane?
“Gigi era un grande riferimento per tutti. Era un punto fermo del nostro gioco, e la sua assenza temevamo potesse essere molto forte. Logicamente si avverte, perché è un compagno che in campo mette tanta sicurezza, ma Louati e Torres in queste settimane hanno fatto davvero molto bene”.
Le posso chiedere se lascerebbe mai Padova, Volpato?
“Perché se in una società stai bene devi decidere di andare via? Padova è il mio presente e il mio passato e penso sarà anche il mio futuro. È una società che crede nei giovani e ha creduto in me dal primo giorno, dandomi tutti gli strumenti per fare un bel percorso nel mondo della pallavolo. La vita poi non si sa mai in che circostanze ci metterà, ma di sicuro penso a Padova e alla Kioene come un punto fermo della mia carriera”.
L’azzurro che punto è del suo percorso?
“Non è un punto per ora. Ci sono centrali più forti a mio avviso, sia giovani che senior. Penso di non essere nelle preferenze del tecnico azzurro. Ho questa convinzione”.
Impossibile smentirla?
“Chissà…”.