La fotografia di Matteo Bortolozzo che, circondato dall’affetto di centinaia di tifosi, stringe la Coppa Italia, è forse l’immagine più evocativa di ciò che qualche anno fa mi ritrovai di fronte quando lo intervistai per la prima volta. Un eterno ragazzo dello sport, che non solo gioca a pallavolo, ma che la pallavolo la fa, la crea, come se fosse un artigiano della disciplina. Quando qualche settimana fa, ho letto il suo saluto ai tifosi di Prata, alla sua gente, e il quasi contemporaneo arrivo a Motta di Livenza, ho capito che per Matteo quel viaggio un po’ zingaresco, come ama definirlo lui stesso, è ripreso, non senza aver lasciato qualcosa per strada:
“Mi sono chiesto, dopo quel mancato rinnovo, cosa faccio? È inevitabile, dopo quattro anni non consecutivi, dopo aver trascorso uno dei periodi più lunghi della mia maturità in un unico posto ed aver toccato con mano una vita che forse non avevo mai fatto, costruita anche sul futuro. Io sono sempre stato un po’ zingaro, forse è stata proprio la mia forza. La pallavolo mi ha portato ovunque, a giocare con chiunque, in tutte le serie. Per un attimo ho pensato che questo viaggio fosse concluso“.
La delusione lascia spazio ad altro.
“Ho cominciato a parlare con il DS Carniel, il quale mi ha detto che a Motta di Livenza c’è voglia di giocare a pallavolo alla mia maniera. C’è la necessità di ripartire in un certo modo, senza pensare troppo, come negli scorsi anni, alle necessità che ruotano attorno al volley. È un club con cinquantaquattro anni di storia e ha delle basi solide. Mi ha chiesto di dare una mano. E a me una persona che me lo chiede con l’entusiasmo e la passione con cui mi è stato chiesto, ha fatto tornare la voglia di esserci“.
Cosa c’è dentro la pallavolo che Bortolozzo andrà a giocare a Motta?
“Il coinvolgimento. La pallavolo è uno sport in cui si devono creare legami, perché non è una relazione che scatta immediatamente. Devi investire il tempo e la voglia di accendere l’interesse delle persone. È una disciplina portata avanti da chi nelle piccole realtà paga il biglietto la domenica, si ritaglia una fetta di budget per darti una piccola quota per gli sponsor. Sono persone che ti danno fiducia ogni settimana e che tu devi ripagare e soprattutto coccolare. Io sono un animale sociale e questo affetto e questo legame con la gente della pallavolo è uno dei fattori che mi ha portato avanti in tutti questi anni“.
Motta di Livenza può fare bene?
“Ho visto la città e conosciuto i tifosi. Ho letto di qualche acquisto e mi sembra che tutto stia andando verso la giusta direzione. Nel senso che percepisco l’entusiasmo della gente e il fatto che la società sia carica. Non parlo di successo, di vittorie o sconfitte ora che il mercato non è ancora concluso. Parlo sicuramente del fatto che se tutti convergeremo verso la giusta direzione, e se si creerà affiatamento, penso si possa certamente far bene in un ambiente come questo“.
La pallavolo dov’è collocata nella sua vita ora?
“Al primo posto. Sempre. A maggior ragione, dopo che si riceve un’energia come quella della fiducia. La mia vita è sempre stata questo e voglio che continui ad esserlo ancora per un bel po’. Mi piace rimettermi in gioco anno dopo anno, lo farò con la mentalità del non pensare a quanto debba giocare o meno, ma mettendomi a disposizione dell’allenatore e della squadra“.
Si chiude una bella pagina della sua vita professionale, costellata da molti successi. Cosa si porta dietro?
“La consapevolezza che questi anni hanno contribuito a formare la persona che sono. La pallavolo mi ha dato un’impostazione. Il confronto con la gente, con i compagni di squadra, le amicizie che sono nate sul campo mi hanno reso una persona migliore. E la persona che sono diventato mi piace molto“.
di Roberto Zucca