Di Roberto Zucca
Se c’è stato qualcosa di assolutamente indiscutibile in questo Europeo è stata la sua grinta. A memoria infatti, le cronache annoverano un Matteo Piano così cieco di rabbia agonistica all’inizio della sua avventura in nazionale, quando da esordiente azzurro, ha pian piano conquistato il suo posto al sole nell’immaginario comune dei posti tre del nostro paese. Una competizione, quella appena trascorsa, molto dura, ma allo stesso tempo capace di restituire quel Piano lungimirante e ambizioso che ha regalato alcune delle sue partite più belle degli ultimi anni.
Un Europeo tra luci e ombre per la nostra nazionale. Personalmente qual è il bilancio più veritiero di questa avventura polacca?
“È stato un torneo vissuto da molti come un’occasione per guardare il passato. Anche un passato recente. Noi invece lo abbiamo vissuto guardando al presente. È stato un periodo magnifico, in cui ho lavorato come mai era accaduto da quando ho iniziato il mio percorso in nazionale. Dico che è stato magnifico anche se non è finito come volevamo, e dico questo perché ci siamo donati l’un l’altro con una generosità e un sacrificio che ci ha unito tantissimo come gruppo. Sapevamo di voler stare assieme dentro e fuori dal campo e da tutto questo ne è scaturito un orgoglio personale per le persone che ne hanno fatto parte e per il contributo dato“.
Però, risultati alla mano, non è arrivato il podio..
“Per quanto abbiamo lavorato meritavamo di stare sul podio. E questo dispiace molto. Sicuramente chi ci è arrivato lo ha meritato alla stragrande, e a noi rimane solo il rammarico di non essere stati al posto di quelle squadre“.
In campo molti hanno notato un Piano sotto una luce diversa. Cosa è cambiato?
“Non posso che essere d’accordo. Ho giocato l’Europeo con una grinta incredibile. Forse perché avevo molta voglia di giocare, e trovandomi a condividere il campo con persone come quelle descritte, mi sono abbandonato completamente, dando il 100% di me stesso. Mi sono divertito e ho giocato ogni gara come se fosse l’unica“.
Un importante salto da Modena a Milano. Quali sono le sue sensazioni?
“Avevo bisogno di un progetto che credesse fortemente in me, come quello di Powervolley e il cammino con Modena era semplicemente arrivato alla fine. Ma Modena è una città e una società alla quale rimarrò sempre legato e nella quale ho giocato anni bellissimi con persone che porterò nel cuore per sempre“.
Tra qualche giorno di nuovo in campo per la Grand Champions Cup?
“Sarà un torneo diciamo così “frizzante”, che ho già giocato in passato. Un’occasione per confrontarci con le migliori compagini sulla piazza e per rivivere una seconda World League in pochi mesi, un torneo che per noi è stato bello ma tortuoso”.
Tra tutti i suoi impegni troverà il tempo di andare avanti con il progetto Brodo di Becchi? “Certamente. Brodo di Becchi è una potenza assoluta che è cresciuto tanto nel tempo. Continueremo naturalmente a fare radio, da cui è nato tutto e continueremo le attività della nostra associazione culturale con il progetto di sostenibilità solidale per il Congo“.
Le piacerebbe farne un lavoro a tempo pieno?
“Più avanti assolutamente sì. Ci sono molti progetti che abbiamo in testa con Luca (Vettori ndr) e lavorare per l’associazione potrebbe essere una prospettiva per un’occupazione futura“.