Di Eugenio Peralta
Da una grande crisi nascono grande opportunità. Una frase abusata e forse banale, eppure non c’è modo migliore per descrivere la parabola di Covernet, la rete da pallavolo anti-Covid realizzata con uno speciale materiale plastico per proteggere i giocatori dai droplet del coronavirus. Ideata e sviluppata da Matteo Zingaro, allenatore del settore giovanile di Trentino Volley, l’innovazione ha riscosso grande successo nell’ambiente del volley, tanto da essere subito adottata da alcune società di Superlega; adesso Covernet sta facendo breccia anche tra le alte cariche della pallavolo internazionale e può diventare qualcosa di più di un mero dispositivo di emergenza, come sottolinea il suo creatore nella nostra intervista.
Partiamo dall’inizio: come nasce l’idea di Covernet?
“Ho la fortuna di essere uno dei pochi in Italia a vivere solo di pallavolo, dato che ormai da 18 anni faccio l’allenatore nel settore giovanile di una società di primo piano come Trento. Per questo i mesi di stop sono stati particolarmente traumatici per me: non vedevo l’ora di tornare in palestra e ho studiato tutti i modi possibili per farlo. Studiando i fattori di rischio per il Covid-19, ho capito subito che il contatto del pallone con le mani e la sanificazione erano problemi marginali: il grosso dei pericoli veniva dal ‘faccia contro faccia’ che si sviluppa sottorete. E così è stato naturale pensare a modificare la rete stessa“.
Da un nastro intrecciato a una superficie di plastica il passo non è breve. Come le è venuto in mente?
“Ho semplicemente applicato lo stesso principio delle protezioni di plexiglas utilizzate negli uffici pubblici e nei negozi: se lo facciamo nella vita di tutti i giorni, perché non sul campo? Abbiamo avuto la fortuna di trovare un particolare PVC, il Crystal Plus 500, che è un materiale che risolve molti problemi. Visto che nella mia ‘vita precedente’ mi sono occupato di questo, ho subito brevettato l’idea a livello italiano e internazionale: il brevetto in teoria permette di utilizzare qualsiasi superficie trasparente, quindi andrebbe bene anche una normale rete coperta da PVC. Ma il peso dell’oggetto sarebbe eccessivo e così abbiamo deciso di stampare il disegno delle maglie direttamente sulla plastica“.
Fin qui tutto “facile”, si fa per dire. Ma poi lei, l’invenzione, l’ha anche materialmente realizzata…
“Sì, e le dico anche che dalla mia idea alla realizzazione del prototipo è passato un giorno e mezzo! Tutto grazie al mio amico Walter Paller, che ha un’azienda che produce teloni e coperture per tensostrutture, e si è subito entusiasmato mettendosi al lavoro sull’invenzione. Appena è stato possibile abbiamo cominciato a provarla in palestra. Ormai la stiamo testando da mesi e nel frattempo – grazie a Iandolo, azienda che si occupa di prodotti per la sanificazione – abbiamo sviluppato anche uno strumento semplicissimo che permette di sanificarla in una decina di secondi, durante un time out o un cambio campo“.
Ma Covernet è utilizzabile in una partita ufficiale? Cosa dice il regolamento?
“In Italia non esiste un’omologa ufficiale per le reti e non ci sono neanche normative specifiche sul materiale. Gli unici vincoli riguardano ovviamente le dimensioni della rete, il posizionamento delle astine e del bordo e, da un paio di anni, le dimensioni delle maglie, il cosiddetto “quadro”: cosa che non ci crea problemi, stampando direttamente sul PVC. Formalmente non serve dunque un’autorizzazione specifica, ma ovviamente abbiamo cercato da subito di metterci in contatto con Federazioni e Leghe per farla conoscere e distribuirla. Sia perché è giusto che sia un oggetto disponibile per tutti, non solo per poche società, sia perché ovviamente più esemplari si producono, più diminuiscono i costi“.
Qualcuno ha sollevato delle obiezioni relative al rimbalzo del pallone sulla superficie in plastica…
“Posso dire che è un problema residuale, tanto è vero che nessun atleta di alto livello l’ha mai fatto notare. È vero, Covernet restituisce un rimbalzo diverso, ma questo può essere una risorsa per il gioco più che una difficoltà; e poi è una situazione che si verifica in pochissime occasioni, non ho mai visto allenamenti incentrati su questo aspetto. In generale, la nostra rete fa una certa impressione solo al primo impatto: si intuisce che c’è qualcosa di diverso, ma appena parte il pallone ci si rende conto che non cambia assolutamente nulla rispetto alle abitudini!“.
Quanto è efficace Covernet come protezione dal Covid-19?
“Il rischio zero non esiste, questo lo sappiamo, ma sicuramente la protezione aiuta a limitarlo. Abbiamo anche chiesto all’Università di Trento di testare l’efficacia della sanificazione e il conseguente abbattimento della carica virale. Il problema non riguarda solo il Covid: non sappiamo come sarà il mondo post-pandemia e direi che uno strumento protettivo potrebbe essere utile anche per limitare la diffusione di altri agenti patogeni. Ma soprattutto vorrei passasse il messaggio che questo oggetto si presta a essere innovativo anche in altre direzioni“.
In che senso?
“Pensate alle opportunità di marketing: si può stampare il logo di uno o più sponsor direttamente sul PVC, senza dover ricorrere alla lunga e costosa personalizzazione della rete. E con una visibilità raddoppiata, come negli esemplari che abbiamo regalato alle quattro squadre semifinaliste di Superlega. L’abbiamo chiamata Covernet anche per questo, perché come la ‘cover’ di un cellulare si può cambiare a piacimento. Tutti possono inserire il loro marchio, dalla piccola società del paese fino al grande brand; e, a differenza di quanto avviene in altri sport, possono farlo su un elemento che è sempre al centro del gioco e dell’attenzione degli spettatori“.
Qualcuno aveva già pensato a personalizzare la rete con led luminosi…
“Sì, ma i led hanno un grosso difetto: sono fragili. Invece il nostro brevetto permette di inserirli direttamente all’interno del PVC, rendendoli più resistenti agli urti. E poi, già che c’eravamo, abbiamo apportato anche altre innovazioni a un oggetto che era sempre uguale a se stesso da decenni: per esempio abbiamo fissato all’altezza giusta il sostegno per l’astina, in modo che non sia più necessario ‘aggiustarla’ a ogni partita. E abbiamo sostituito il cavo di acciaio con uno più flessibile, che si possa annodare ovunque. Insomma, è stata l’occasione per rendere più funzionale uno strumento di uso quotidiano“.
Come ha reagito il mondo del volley a queste novità?
“Società e giocatori sono stati entusiasti fin da subito, mentre coinvolgere le Federazioni è stato un po’ più difficile di quello che pensavo. Adesso però sembra che le cose si stiano muovendo: siamo in contatto con la Fipav, ma anche con alcune Federazioni straniere che sono molto interessate. E con grandi gruppi industriali, che magari non c’entravano nulla con la pallavolo ma hanno colto subito l’enorme potenzialità dell’idea“.
Insomma, dall’anno prossimo vedremo Covernet su tutti i campi?
“Noi siamo pronti a produrre 5000 reti in due mesi. Aspettiamo soltanto il via libera!“.