Di Redazione
Max Colaci, libero della Nazionale italiana che si appresta a vivere il Mondiale il casa, ha rilasciato una bella intervista a 360° al Corriere dello Sport. Nazionale del passato e del presente, la pressione e la sua famiglia: tante le tematiche presenti.
II conto alla rovescia si sta esaurendo. Avvertite la pressione di un mondiale casalingo?
«Le pressioni ci sono, ma siamo abituati. In Nazionale si deve essere pronti ad affrontarle, fa parte del gioco. In realtà non vediamo l’ora di giocare».
Nelle ultime due stagioni dalle stelle alla stalle: dalla finale olimpica a Rio de Janeiro 2016 al fallimento agli Europei dell’anno scorso.
«È vero, siamo passati dalla finale persa col Brasile in una grande Olimpiade, ai problemi della scorsa stagione, alle amarezze. Ma se pensi a ciò che è stato non vinci più. Noi vogliamo guardare avanti, vogliamo vincere. L’ho imparato negli anni di Trento e ora anche a Perugia ce lo siamo detti. Il passato ci insegna e non bisogna dimenticare ciò che si impara. Deve far parte di un bagaglio di esperienza che aiuti a guardare il futuro».
E l’Italia che farà i Mondiali è una squadra diversa, che recupera Juantorena e Zaytsev.
«Completamente diversa dal 2017. E la ricetta deve essere: guardare avanti».
Cosa ricorda dei Mondiali italiani del 2010?
«Li guardavo da casa, provando un po’ d’invidia. Era bello, avrei voluto esserci, giocare in quei palazzetti strapieni, davanti al nostro pubblico. Ora ho la fortuna di giocarlo anche io un mondiale in casa».
Quattro anni fa andammo malissimo in Polonia e ciò che emerse dopo il fallimento fu anche peggio del risultato.
«Si, quel mondiale andò davvero molto male. Ma una figura come quella deve essere uno stimolo. La pallavolo è lo sport di squadra per eccellenza. Io devo avere assoluta fiducia nel compagno di reparto e i compagni di me. Se c’è una palla da prendere si decide in pochissimi decimi di secondo. Devo dire che quest’anno stiamo molto bene insieme, questo gruppo mi rende orgoglioso e ottimista».
Dopo l’anomala situazione del 2017, con l’esclusione di Zaytsev per via della vicenda scarpe – Fipav, non è poco.
«Tra uomini basta parlarsi, le cose sono state chiarite. Ripeto, stiamo molto bene insieme, sia in campo che fuori».
Il libero nel volley è come il portiere nel calcio.
«Sono d’accordo, il paragone calza alla grande. Adesso il libero è un ruolo importante come hanno dimostrato i grandi interpreti: per la mia crescita mentale devo ringraziare Andrea Bari, poi penso a Henno, al brasiliano Sergio. Come il portiere sempre sotto la lente d’ingradimento: se prendi un ace, per molti sei come un portiere che non para. A proposito, da interista il portiere che più ho apprezzato è stato Julio Cesar».
Sarà un Mondiale difficile, un eventuale passo falso diventa una zavorra che rischia di condizionare l’intero cammino.
«Bisogna stare molto attenti, dobbiamo vincere tutte le partite nella prima fase per avere un vantaggio nella fase successiva, dove ci aspetteranno grandi squadre».
Secondo lei quale è la nazionale più attrezzata per vincere il titolo?
«Ora dico Russia. È una formazione quadrata che ha trovato fiducia. Poi Stati Uniti, Francia, Brasile, nonostante l’assenza di Lucarelli che può pesare. E poi ci siamo noi, abbiamo carte da giocarci. Dovremo essere bravi a trascinare il pubblico, a divertirci e a divertire. Perchè la gente capisce quando in campo si dà tutto».
Colaci libero pensatore, libero pescatore nel mare salentino. Da un anno e mezzo papà di Andrea.
«Ho sempre desiderato essere padre: avere un figlio è la cosa più bella. La passione per la pesca mi è stata tramandata da papà e da mio zio, fin da quando ero bambino. Quando ho un’ora libera mi piace andare a pesca, in barca o da sub. Amo la pace che c’è, il silenzio. Ma bisogna stare attenti perché con il mare non si scherza, bastano cinque minuti e tutto cambia».