Di Redazione
Ha dell’incredibile visto che si parla di Nazionale. Le azzurre della nazionale sorde allenate da Alessandra Campedelli, devono addirittura pagarsi le maglie da gare non trovando assistenza da parte della Fipav, come riportato nell’edizione odierna de “L’Arena – Il giornale di Vicenza“.
Hanno commosso l’Italia cantando l’inno di Mameli nella lingua dei segni, nell’estate del 2017, conquistando una storica medaglia d’argento in Turchia alle Olimpiadi dei sordi. Da quel momento le azzurre allenate da Alessandra Campedelli, in forza a BluVolley come tecnico delle giovanili, hanno conquistato più volte le copertine dei giornali. Vedi ad esempio in occasione del premio ricevuto, giusto un anno fa a Milano, per l’atleta paralimpico dell’anno dei Gazzetta Sports Awards 2017 superando Assunta Legnante e Bebe Vio.
Se però la nazionale di Davide Mazzanti potrà svolgere la preparazione in condizioni ottimali, quella di Alessandra Campedelli rischia di farlo nuovamente dovendo superare mille ostacoli. «Il principale è quello relativo alla preparazione», spiega l’allenatrice di origini trentine. «Bisogna considerare che noi avremmo bisogno di allenarci ancor di più rispetto agli udenti proprio per poter compensare la mancanza del feedback sonoro che sta alla base degli automatismi. Il fatto è che le atlete partecipano tutte ai campionati Fipav, dalla Seconda divisione alla serie B, ma la Fipav non favorisce lo spostamento d’ufficio delle partite in cui giocano le nostre atlete che dipende tutto dal buon senso, spesso poco, delle squadre avversarie delle nostre ragazze. Capisco per i tornei nazionali, sicuramente meno per quelli regionali e provinciali considerando che i raduni vengono programmati con mesi di anticipo. E la maggior parte delle azzurre disputa proprio questi ultimi campionati».
Diversamente, aggiunge, da quanto succede all’estero: «Le nazionali degli altri stati non hanno di queste difficoltà e quindi possono prepararsi molto meglio dal momento che sono professioniste e si allenano assieme tutto l’anno».
Il rischio, per nulla remoto, «è che le atlete non partecipino ai raduni perché devono giocare con i loro club, una assurdità. Anche perché non è che possiamo sostituirle con molte altre, dal momento che il bacino è molto ristretto».
Altra questione sollevata dalla Campedelli, davvero incredibile, quella delle maglie da gioco: «Quando ci presentiamo in campo sarebbe bello indossare una divisa della nazionale italiana, senza essere costretti a mendicarne una in giro. Basti pensare che alle Olimpiadi abbiamo utilizzato quelle che ci ha gentilmente regalato il Vero Volley il cui marchio è comparso sulle maglie. L’alternativa è che dovremmo comprarcele, così come dobbiamo pagarci i viaggi o chiedere agli amici di ospitarci in occasione dei collegiali. Oppure prenderci le ferie per partecipare ai prossimi Europei perché non tutti i datori di lavoro le concedono. Io stessa, insegnando ed avendo quindi le ferie durante l’estate e a Natale, al dirigente scolastico devo chiedere se per favore lascia che mi assenti. Ecco perché il nostro argento alle Olimpiadi può essere considerato un miracolo, visto che ci siamo confrontati con nazionali che si allenano assieme tutto l’anno».
Nessun privilegio né favoritismi, chiede l’allenatrice di una nazionale che ha cantato l’inno nella lingua dei segni anche davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma «la stessa dignità delle altre squadre che portano in giro nel mondo il nome dell’Italia perché farlo in queste condizioni è veramente difficile. Ecco perché chiediamo un aiuto alla Fipav ma anche alle istituzioni perché, ma dovrebbe essere superfluo ricordarlo, siamo anche noi una nazionale».