Di Roberto Zucca
La foto che hanno deciso di pubblicare dice aprile 2020. Un mese importante, anche pallavolisticamente parlando. Ma per Santiago Orduna e sua moglie Lucila questo mese consacrerà la nascita del loro primo figlio:
“Abbiamo scelto di comunicarlo ora, con una gioia immensa. Il 2020 sarà un anno a prescindere molto bello per me e Lucy, perché questo figlio arriva dopo un percorso intenso e pieno di amore”.
Che padre sarà Santiago Orduna?
“Presente. Saggio. Premuroso. Quello che è stato per me mio padre cercherò di essere io per questo figlio. Sono cresciuto in una famiglia molto unita, e con mia moglie abbiamo l’obiettivo di ricreare quello stesso ambiente”.
Tra i più giovani lei è uno dei pallavolisti più apprezzati. Come mai?
“Ero come loro tanti anni fa. Sognavo un palcoscenico come quello in cui ho avuto la fortuna di giocare negli anni successivi. Forse mi sono cucito l’immagine di quello che è arrivato in Superlega col sacrificio e il duro allenamento, più che con le mie doti fisiche. Ai ragazzi che incontro dico sempre che possono arrivare ovunque”.
Si sta per chiudere invece il 2019. Come definirebbe il suo anno?
“Intenso. Toccando tutte le sfumature di ciò che significa la parola intensità. Gioioso, appunto per la notizia appena commentata. Riflessivo, perché ho trascorso un periodo dopo la fine della stagione in cui ho avuto bisogno di staccare la testa e di rimettere in ordine molti pensieri”.
Come si viene fuori da un finale di stagione come quello dello scorso anno?
“Si viene fuori con la forza e la voglia di rientrare in campo. Di riaccendere tutto con gli stimoli nuovi che si creano negli automatismi della mia testa. E pensando soltanto a ricreare quella magia che si è creata a Monza lo scorso anno. Stavolta ancora più luminosa”.
Mi dica la verità: cosa ha provato nelle prime quattro giornate?
“Le risponderò descrivendo le mie gambe e le mie braccia. Scalpitavano, era come se mi chiedessero di varcare la linea delimitata tra il campo e la tribuna e riappropriarmi di un posto che nei miei dodici anni in Italia è stato mio ogni domenica. Senza mai una pausa. Figlio di un impegno che iniziava il lunedì in palestra e si concludeva la domenica in campo, desideroso di rientrare in campo già la domenica successiva”.
Posso chiederle cosa le ha detto suo padre prima del rientro in campo?
“Di pensare. Di giocare. Di godermela. Di esplodere in maniera ponderata. Volevo vincere, contribuire a portare Monza e la squadra a godersi la prima vittoria stagionale. Siamo una bella squadra quest’anno. Migliorata in tutti i reparti”.
La sua intesa con Kurek migliora di giorno in giorno.
“È esplosivo, come me. Ha delle doti fisiche eccezionali e ha una grande voglia di fare qui a Monza. Elementi del genere migliorano tanto un organico e fanno la differenza nei momenti critici. In generale è una squadra con cui si lavora molto bene”.
Dopo la sconfitta contro Piacenza ha detto che certe partite non si possono perdere.
“La rabbia a fine gara era tanta. È la rabbia agonistica. Senza non riesci ad alzare l’asticella la settimana successiva. Penso di aver dimostrato di riuscire a tenere testa a molti avversari con questi ragazzi, soprattutto nello scorso anno. Anche contro coloro che oggi viaggiano in testa alla classifica”.
È consapevole di essere uno degli atleti più competitivi della Superlega?
“(ride, n.d.r.) Io sono competitivo in tutto. Il gioco per me è competitività. È sfida. È carattere. Mi annoierei se ogni gioco in sé, che siano le carte o una finale scudetto, perdesse di competitività”.
Dove può arrivare Monza quest’anno?
“Le rispondo esattamente come rispondo a quei ragazzi: può arrivare ovunque. Volere è potere. Mai come quest’anno l’affermazione ha un fondo di verità”.