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Oreste Cavuto tra il sogno europeo di Trento e l’abbraccio alla piccola Zvlata

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Di Roberto Zucca

Sono gli occhi di Oreste Cavuto a rivelare la profondità del suo animo. Sono occhi così empatici che si rischia di rimanere immersi nelle sue storie e nella sua vita, e di essere trascinati all’interno di un mondo che non ha mai lo stesso ritmo. In quegli occhi, anche Zvlata, una persona per lui molto speciale, di cui sceglie di parlare per la prima volta, deve aver visto qualcosa di molto speciale.

Ne parlo sempre con molta emozione. Zvlata è una bambina ucraina di cui la famiglia della mia amica Caterina ha deciso di occuparsi, da quando lei ha conosciuto l’orrore di questo conflitto. Sono persone alle quali sono molto legato a Trento, tanto che appena ho qualche minuto libero dagli impegni della pallavolo, vado a trovarli“.

Da dove è nata questa storia?

Dal fatto che anche i miei genitori in Abruzzo abbiano ospitato due famiglie con dei bambini, e il fatto di non poter essere lì con loro a dare una mano mi ha toccato molto. Mi creda, sono cose che gratificano, soprattutto in una giornata in cui magari sei stato occupato da altro o non sei dell’umore migliore, e trascorrere del tempo con queste persone ti fa svoltare proprio la quotidianità“.

Di lei dicono che ha il potere di rendere speciale un momento o di far sentire speciali le persone.

Se così fosse è il più grande complimento che mi si possa fare. Forse è per il fatto che faccio parte di un gruppo di persone speciali in questa squadra“.

Foto Lega Pallavolo Serie A

È vero che Trento ha un’arma in più, ossia è una squadra nel vero senso del termine?

È una famiglia. Sono persone con le quali vivo dei momenti importanti, da giocatore in campo e con molti di loro al fuori del campo. Con molti di loro ho vissuto anche l’emozione della maglia azzurra, e adesso riprenderò tra qualche settimana quel cammino“.

Cosa si aspetta da questo ritorno?

Ne ho parlato con De Giorgi, il quale ha saputo trasmettermi degli stimoli importanti attraverso degli obiettivi relativi al mio ruolo in campo e all’interno dello spogliatoio“.

Mi dica di più.

Abbiamo parlato del ruolo di universale, che mi si richiede di avere, dato che in questi anni ho cercato di lavorare proprio sull’essere così malleabile. Sotto l’aspetto comportamentale, mettiamola così, De Giorgi apprezza il fatto, così come lo ha apprezzato Angelo, di avere una predisposizione a fare gruppo“.

A Trento dimostra sempre di avere una parola e un gesto per tutti.

È la mia natura, non è un qualcosa su cui ho necessità di lavorare. Sono così anche fuori dal campo perché così mi è stato insegnato. Se vedo qualcuno in difficoltà o qualcuno che di quella parola ha più bisogno sono pronto a darla“.

Ha scritto che Trento è casa. Cosa c’è dentro quella parola?

C’è una squadra di amici con cui trascorro il tempo, ci sono luoghi in cui mi rifugio quando mi manca la mia vera casa, ci sono persone al di fuori del campo e situazioni che si creano che mi aiutano a crescere al meglio. C’è il profumo del palazzetto, che è unico, o i cori dei tifosi che mi ricordano quanto sia legato a questa città“.

Della sua vera casa, la terra d’Abruzzo, cosa le manca di più?

La montagna, il mare e questo trait d’union che si crea e che è unico. Casa mia è un posto così. E poi la famiglia. Sono venuti a Civitanova per tutte le gare a tifarmi, e sarei voluto tornare qualche giorno a casa con loro. Anche solo per stare qualche giorno con i miei nonni, i miei zii e mia cugina“.

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A casa ha una tifosa molto speciale.

Nonna Fernanda. È una nonna giovane e tecnologica, che guarda le partite in tv o in rete e mi segue sempre. Poi mi manda i messaggi per commentare le partite. È una persona unica. Sono fortunato ad avere una famiglia come la mia, anche se ho perso qualcosa perché per inseguire i sogni legati alla pallavolo. Ma li sento sempre molto vicini“.

Dicevamo di Civitanova. Uscire in Gara 5 tra gli applausi come è stato?

Difficile, perché era quasi fatta. Soprattutto perché eravamo avanti anche in quella gara. Loro hanno fatto vedere la squadra che sono, e abbiamo giocato contro un Simon che ha dimostrato di essere il giocatore più forte del mondo. Siamo arrivati ad un passo dalla finale, giocandocela alla pari. È un peccato non aver raggiunto anche l’obiettivo di una finale scudetto, ma abbiamo dato tutto ciò che avevamo“.

Non è finita. C’è il 22 maggio. Una data per lei importantissima.

Per tutti. Giocare la finale di Champions sarà l’ultimo obiettivo della stagione e ci stiamo preparando al massimo per arrivare pronti a quella data. Ci troveremo di fronte una squadra molto forte. Lo Zaksa sta dimostrando anche in Polonia il suo valore e per questo dovremo essere al massimo della condizione. Teniamo tutti moltissimo a questo trofeo, anche perché sarebbe davvero un bellissimo modo di finire questa stagione“.

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