Di Paolo Cozzi*
Latina, importante sorpresa di mercato.
Per il volley mercato, direi che quella che si è appena conclusa potrebbe essere chiamata la “Latina Week”. Con l’annuncio in successione di Starovic, Le Goff e Savani, la squadra laziale compie un ampio salto di qualità. Il serbo è un giocatore che adoro: umile, silenzioso e gran lavoratore, ancora mi chiedo come sia possibile che sia stato tagliato l’anno scorso da Powervolley. Sicuramente fragile fisicamente, è un giocatore che va gestito ma garantisce un gran potenziale di fuoco, e a Latina troverà uno staff medico e un preparatore atletico che già lo conoscono. Le Goff rappresenta una bella novità per la Superlega: centrale giovane e potente, è uno dei simboli della Francia degli ultimi anni, e diventerà una bella bocca da fuoco per Sottile che, ad oggi, è secondo me il palleggiatore italiano più continuo, preciso e lineare (anche se ovviamente paga in centimetri).
In ultima istanza, ma non meno importante, il ritorno di Christian Savani in Italia dopo 4 stagioni da emigrato a monetizzare una lunga e intensa carriera. Credo che con le estati libere e il minor stress del campionato cinese e turco, Sava fisicamente si presenterà ai nastri di partenza in grande spolvero, e con il suo braccio potente (una volta un preparatore in nazionale mi disse che se Sava avesse fatto lancio del giavellotto avrebbe distrutto ogni record mondiale) saranno molti i centrali avversari a rimetterci le dita!
Da segnalare anche, in una estate dove di giovani e settore giovanile si parla molto, l’arrivo del talentuoso Mazzone alla corte di Bonitta e Soli a Ravenna; per lui un palcoscenico importante per dimostrare il suo valore e il suo futuro nel volley che conta.
L’evoluzione di un ruolo: dal fioretto alla spada.
Con una pallavolo sempre più veloce e sempre più spinta, negli ultimi anni si è evoluto anche il ruolo dell’ opposto: sia dal punto di vista atletico che tecnico. La sensazione è che siano rimasti pochi opposti puri, giocatori da 50 – 60 palle a partita forti sulle palle spinte, e micidiali su palla alta. Oggi anche per loro si cerca da qualsiasi posizione del campo una palla sempre più estremizzata ,sempre più veloce per prendere sul tempo i lunghi centrali avversari. Diciamo che gli opposti di oggi, a partire dalla battuta, mi sembrano dei gran cannonieri, più agili in difesa e fisicamente degni di macchine da guerra. Autentici cannoni spara palloni. Momento nostalgico: un po’ mi manca l’opposto capace anche di autentici colpi di fioretto, capace di alternare giocate di potenza a giocate tecniche.
Non sottovalutate i centrali!
Fondamentale chiave nella fase break, il muro vive molto della bravura individuale del singolo giocatore, ma rende al meglio solo se inserito in un sistema di squadra dove i giocatori si muovono in armonia comandati dal direttore d’orchestra: il centrale. È il centrale il giocatore chiave, che tenendo presente le riunioni video, i consigli dell’allenatore e la propria sensibilità tattica deve chiamare gli schemi prima della battuta, decidendo se opzionare o meno sul centrale avversario, se tenere i due laterali in aiuto stretto o se sovraccaricare sull’avversario. Prima cosa fondamentale per un centrale di livello è conoscere i propri laterali, sapere se sanno stare in lettura stretti, se sanno rispettare le consegne, se quando traslocano verso la banda volano o sbracciano. Insomma se si possa fare affidamento su di loro nei momenti di massimo stress oppure no.
Un centrale di muro renderà al 100% solo se avrà la fortuna di avere laterali che lo guidano bene nei muri di palla super e palla alta. Per esempio, la stagione in cui ho murato di più, arrivando secondo nella classifica muri con oltre 90 block avevo due laterali come Zlatanov e Grbic, sempre stretti per il muro a lettura sulle veloci avversarie e precisi e composti sulle palle laterali. Ricordo bene gli allenamenti di Montali: al muro di squadra dedicavamo almeno un’ora tutti i giorni, sia con movimenti a secco che con il palleggio del palleggiatore. E noi a muro che ci muovevamo tutti all’unisono. Giocare sempre a lettura era molto dispendioso mentalmente, ma quando suonavamo tutti lo stesso spartito anziché tre individualità la sensazione era che si muovesse un unico enorme muro.
Oggi che il gioco è più veloce sicuramente qualche scelta più secca è d’obbligo, ma sono del parere che il centrale moderno abbia un po’ perso la capacità di lettura pura e vada un po’ troppo per tentativi. Non per altro due della vecchia scuola, Podrascanin e Birarelli, sono ancora tra i migliori interpreti nel fondamentale, e vi posso garantire che nelle giornate in cui le caviglie sono belle reattive e il cervello sveglio si arriva quasi a raddoppiare anche sulle super più estreme.
Capacità del palleggiatore avversario deve essere capire come attaccare il centrale avversario, costringerlo a farsi rincorrere, a farlo sentire in difficoltà. Mi spiego meglio: contro un centrale di lettura, magari non altissimo (come potevo essere io, Stankovic e Buti oggi) un palleggiatore bravo partiva inchiodandoci al centro, mettendoci sotto pressione meglio ancora se con un centrale bello fisico che cannellava sui tre metri. Ottenendo così di non farci trovare il ritmo sulle palle in banda, che sarebbero diventate fondamentali a fine set. Contro un centrale spilungone, alla Piano o Van De Vorde, funziona bene il contrario: palle spinte in banda per costringerli a spostare le loro lunghe leve, e primi tempi solo vicini e super anticipati. Giocare doppie C o tese al centro contro di loro vuol dire andare incontro a una fossa assicurata!!!
Un altro allenatore che cura la fase muro in modo maniacale (dopo tutto la correlazione muro- difesa è il credo del volley maschile) è Angelo Lorenzetti. Ricordo ancora quando un giorno dall’altra parte della rete ci mise uno schermo bianco su cui passavano le alzate del palleggiatore avversario, e noi a muoverci all’unisono guardando quel cinema personalizzato!!
In conclusione, nonostante la pallavolo sia sempre più fisica, e le altezze raggiunte sempre più considerevoli, il muro è un fondamentale che non premia solo i centimetri raggiunti (anche se avrei pagato oro per avere una altezza maggiore di almeno 5-10 cm!!), ma le abilità tecnico tattiche dei singoli giocatori. Non per altro uno dei muri più belli che abbia visto fare lo ha fatto quel nanetto di Samuele Papi al gigante Dineikin in semifinale Olimpica ad Atene 2004.
Paolo Cozzi, a 35 anni, ha da poco chiuso la sua carriera di atleta nella quale ha vestito la maglia della Nazionale italiana ben 107 volte e quella dei club più importanti in serie A1 come Milano, Modena, Cuneo, Piacenza, Vibo Valentia, Taranto, Castellana Grotte, San Giustino e Monza.