Piazza: “Modena, tornassi indietro… giocherei con la stessa squadra!”

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Nel consueto appuntamento settimanale dedicato ai protagonisti del mondo del volley, abbiamo intervistato Roberto Piazza, ex coach di Cuneo e Modena, tecnico che non ha bisogno di presentazioni e che nella sua storia ha collaborato con alcuni dei più grandi allenatori della pallavolo mondiale.

Bebeto, Kim Ho Chul e Daniele Bagnoli: quanto è stato importante per Roberto Piazza avere lavorato con loro?
Non è stato importante, ma determinante. A me piace definire coloro con i quali ho collaborato con un aggettivo… Bebeto per me è il “genio”. Appena arrivò in Italia giocava con Giani al centro che, però, attaccava di banda e dalla seconda linea, con Carlao che faceva l’opposto e si sostituiva al “Giangio” in primo tempo. L’anno del secondo scudetto consecutivo a Parma giocava con Giretto e Michieletto di banda al posto di Corsano. Una persona che all’interno del campo riusciva a trovare qualunque soluzione. Kim era il “Palleggiatore” per eccellenza, capace di darmi tante piccole nozioni che, poi, ho potuto passare ai palleggiatori che ho allenato nella mia carriera da primo allenatore. Una persona che, come Bebeto, era straordinaria sotto il profilo umano. Daniele Bagnoli per me è il “medico”: è sempre riuscito a trovare la medicina giusta per curare le “malattie” del gruppo. Basta guardare il suo palmares per definirlo, spero di riuscire a fare anche io un giorno ciò che ha fatto lui.

Ha vissuto delle esperienze in Polonia e in Grecia: quali sono le principali differenze con il nostro campionato?
Sono state tutte esperienze diverse. La pressione che ti mette il campionato italiano è tanta, ma non è diversa da quella che c’è nel campionato polacco, che è molto duro. E a livello mediatico questo torneo ha anche più attenzione, soprattutto in alcune città, rispetto al nostro. In Grecia tutti vogliono parlare di pallavolo, ma come in Italia alla fine si guarda solo il risultato. Bisogna, però, tenere presente che il livello e la capacità di sviluppo del gioco sono notevolmente inferiori rispetto a quelli delle squadre italiane, polacche, turche e russe. In Grecia, però, mi sono trovato benissimo in una città come Atene e con i miei giocatori. Non siamo riusciti a vincere il campionato, finito nelle mani del Paok, ma abbiamo comunque disputato un’ottima stagione vincendo sia la Coppa di Lega che la Coppa di Grecia. Entrambe le finali vinte proprio contro il Paok, lo ammetto, con un po’ di fortuna.

Prima di arrivare a Modena, è stato anche in Qatar: quanto sta crescendo il movimento della pallavolo nel continente asiatico?
Faccio fatica a dire quanto stia effettivamente crescendo, in quanto continuano ad alternarsi diversi presidenti federali che portano, ciascuno, il proprio programma. Adesso stanno allestendo due nazionali: una araba, e una con passaporto qatarino. La Cina ha fatto una ottima scelta, in controtendenza, prendendo un allenatore straniero, Raul Lozano, che in Polonia ha fatto molto bene. Io, in Qatar sono stato pochissimo, perché, poi, è arrivata la chiamata di Modena, e a Modena non si poteva dire di no. Prima ancora che salissi sull’aereo per il Qatar mi avevano già chiamato Sartoretti e Catia Pedrini e ho informato subito il presidente della Federazione. In Qatar, comunque, abbiamo fatto un’ottima World League vincendo contro la Tunisia, la Grecia in trasferta e Portorico. Non siamo andati a fare le finali per due set soltanto, ma è stata una bellissima esperienza.

Quale ricordo hai delle tue esperienze da capo-allenatore?
L’ultima, Modena, è stata un’esperienza fantastica nonostante la sua conclusione: di Modena continuo a rimanere innamorato. A Cuneo mi sono trovato benissimo, sono stati due anni fantastici dove abbiamo sfiorato la Champions League al tie-break. Abbiamo perso 16-14 in una partita che, probabilmente, se ci fosse stato il video check avremmo vinto. In campionato abbiamo perso in semifinale contro Trento, che, poi, ha vinto la manifestazione. Il secondo anno, dopo la decisione di chiudere, non sono state più trovate le risorse per disputare il campionato. Però, sono rimasto in ottimi rapporti con l’ambiente e con il sindaco: poi, è ovvio che esistano sempre i soliti noti che fanno i “Bastian contrario”…

Conferme e sorprese in SuperLega. Visioni dall’interno e dall’esterno.
La squadra favorita in SuperLega per me è sempre stata Civitanova, potendo contare su un organico di massimo spessore. Se mi fosse stata fatta questa domanda qualche mese fa, però, ti avrei risposto senza dubbio e sinceramente Modena. Anzi, aggiungo che a mio avviso Modena potesse essere l’unica squadra in grado di mettere pressione a una squadra come Kazan in Champions League. Naturalmente, è solo una mia convinzione. La squadra rivelazione della SuperLega, però, per me è Ravenna. Ti avrei detto Trento relativamente alla sua presenza in finale, in quanto con squadre come Modena e Perugia era difficile pensarlo, e Angelo Lorenzetti, che per me rimane il top, è stato bravissimo: Trento, quindi, è una squadra rivelazione in questo senso, ma guardando all’intera stagione, considerando anche le qualificazioni per la Challenge Cup, confermo Ravenna. Una squadra che può contare su giocatori molto interessanti: lo stesso Lyneel lo volevo a Modena. Per quello che riguarda i giocatori, lungo l’arco della stagione il migliore italiano è stato Giannelli, poi Juantorena, che gioca da Italiano, ma che reputo il miglior straniero della stagione. Il giocatore rivelazione per quello che si è visto, e lo dico senza alcuna esitazione: Kovar.

Nell’immaginario pallavolistico lei è un allenatore caratterialmente forte. Quali sono le difficoltà nella gestione di uno spogliatoio?
Questa è una domanda che dovresti fare allo spogliatoio di Modena, non a me (ride). L’unico giocatore che ho avuto sia a Cuneo che a Modena è stato N’Gapeth, e lui ti può confermare che il primo Roberto Piazza era molto più duro di quello visto in questa stagione a Modena. Io sapevo quello che ero fino al momento in cui ho allenato, adesso mi sto scoprendo una persona diversa. Se potessi tornare indietro, forse, sarei stato un po’ più esigente con il mio spogliatoio. Il limite tra il “bastone e la carota” con i giocatori dipende da molti fattori, ma bisogna sapersi rapportare con i giocatori in maniera coerente, allo stesso modo. La differenza tra un giocatore e l’altro è già nei loro contratti. Io amo prendere spunto anche da altri sport: il gruppo deve essere una grande famiglia, dove ogni giocatore è tenuto a dare il suo contributo. Chi è talentuoso, però, ci deve mettere lo stesso impegno di chi è meno talentuoso. Questo è un pensiero applicabile non solo allo sport.

Come mai si è parlato poco della fine del suo rapporto con Modena?
Probabilmente le persone non si sono fatte troppe domande: io, personalmente, me le sono fatte, come sempre. Non mi piace prendere le luci della ribalta, anche quando ci sono delle vittorie importanti. Vorrei che fossero sempre i giocatori a essere considerati i protagonisti dei successi, l’allenatore deve essere colui che, quasi, non si vede neanche. Alla gente interessa vedere una squadra giocare, non il percorso che questa squadra può o potrebbe fare…

Qual è la valutazione, a posteriori, sulla sua esperienza a Modena?
Io non sono totalmente soddisfatto di quello che ho fatto. Potrei dirmi completamente soddisfatto se fossi riuscito a provare tutte le strade. Molto probabilmente non sono riuscito a trovare in quel momento la strada corretta per uscire da un brutto periodo. O, forse, non era nelle mie corde. Io non posso essere soddisfatto quando la mia squadra, qualunque sia l’organico, perde contro Monza in casa, concede due set a Milano e perde con Molfetta e Ravenna. L’esperienza a Modena, comunque, è stata fondamentale nel mio percorso di crescita. Ribadisco, Modena è una chiamata nel mondo del volley a cui non si può dire di no!

Tornasse indietro, cambierebbe qualcosa?
Se tornassi indietro rigiocherei con la stessa squadra. Sono sicuro che quella squadra, con quello stesso organico, sarebbe stata quella in grado di dare maggiore filo da torcere a Kazan. Ero a Roma a vedere le finali, sono un sognatore a cui piace sognare con i piedi per terra, ma sono convinto di questo. Una volta sposato quel progetto, ero convinto del materiale che avevo tra le mani, e ne sono ancora sicuro.

Ha avuto contatti per la prossima stagione?
Ho avuto molti contatti provenienti da Polonia, Turchia, Russia e Grecia. Sarà difficile vedermi in Italia nella prossima stagione. Se chiedo a me stesso come mi vedo tra dieci anni, ti dico che la mia carriera è sempre stata ciclica: ho iniziato con il giovanile, poi, come assistente allenatore, successivamente ho fatto il secondo allenatore e, infine, il capo-allenatore. Un giorno mi piacerebbe riproporre tutte le conoscenze fin qui acquisite per lavorare dietro una scrivania. Vorrei ricoprire un incarico dirigenziale, essere quello che prova a muovere tutte le pedine. Però, questo è un mio sogno lontano, perché ora mi vedo ancora allenatore!

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