Di Roberto Zucca
La sua immagine, pallavolistica e non, è collegata a quella della purezza e dell’educazione. Di Pieter Verhees in questi anni si sono dette le migliori cose, tra le quali il riconoscimento di essere un giocatore serio e leale. A sorpresa Pieter qualche giorno fa ha annunciato che a 31 anni lascia la pallavolo, ricevendo migliaia di attestazioni di affetto da parte degli addetti ai lavori e degli amici che con lui hanno diviso in questi anni il campo:
“Sono molto felice per tutti i messaggi che mi sono arrivati da parte di colleghi e amici. Purtroppo i problemi fisici al menisco e alla cartilagine mi hanno reso la vita difficile quest’anno a Maaseik, e nonostante avessi ancora un anno di contratto qui ho deciso che non aveva più senso sottoporsi a tutte le terapie che dopo mesi non avevano dato i risultati sperati. Da qui la decisione di fermarmi“.
Tutti si chiedono come si sopravvive senza volley.
“Io proseguirò prendendomi un periodo sabbatico, in cui starò con la mia famiglia, gli amici e la mia compagna (Edina Begic, n.d.r.), che il prossimo anno giocherà in Russia. Viaggerò e farò quello che in questi anni non ho avuto modo di fare nel weekend. Penso a una bella sciata, o a un pranzo con gli amici in Belgio“.
Ha pensato anche al dopo?
“Per ora mi prendo questo periodo, poi ho in mente qualcosa, anche nell’ambito della pallavolo. Mi piacerebbe ad esempio, poter completare la formazione di allenatore e insegnare, visto che sono laureato in Scienze Motorie“.
Lei ha viaggiato tanto. Dove si ferma il cuore di Pieter?
“In Belgio. È casa mia, è qui che voglio che la mia vita continui dopo il volley“.
Le chiedo il più bel ricordo a cui la sua mente è legata per ciò che riguarda la pallavolo.
“La Coppa Italia conquistata a Modena. Fu un anno molto bello e molto particolare. Ho ancora in mente quei momenti e quelle emozioni. Ma in generale, ogni stagione ha avuto un valore particolare per me. Ci sono tante squadre e tanti compagni a cui sono rimasto legato“.
Me ne dica alcuni, se le va.
“Compagni di ruolo, penso a Matteo Piano o a Thomas Beretta, che mi hanno dedicato dei pensieri importanti quando ho pubblicato il post in cui si diceva che smettevo di giocare. Sono stati degli amici, ma così come loro tanti. Credo di portarmi dietro il fatto di aver lasciato un bel ricordo nei luoghi in cui ho giocato. Questa è una delle mie più grandi soddisfazioni“.