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Rafa Pascual, mito del volley spagnolo: “Ho vissuto di pane e pallavolo”

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Di Roberto Zucca

Nel 1994, Tele+2 trasmetteva una trasmissione sportiva nella quale si parlava costantemente di volley. Il conduttore di allora, nel parlare di classifiche di rendimento, esaltava settimana dopo settimana il cammino, fatto di punti e cambi palla, di colui che dalla terra dei conquistadores, la Spagna, era arrivato in Sardegna, portando con sé il sacro fuoco della pallavolo.

Quel fuoco, e anche l’unicità della sua vocazione, così come il conto delle cose lasciate per terra infrante, fece divampare la passione di molti altri. Quel fuoco si chiamava Rafael Pascual. Per tutta la pallavolo sarda (e non solo) rimarrà per sempre semplicemente Rafa:

Arrivai in Sardegna alle prime luci dell’alba dopo aver fatto dei provini, ed entrai subito a far parte di un collettivo fantastico per quelli anni. C’era Giorgio Baldi, che scese in A2 dopo gli anni di Brescia nella massima serie. C’erano i fratelli De Palma e Stelmach, dei fenomeni autentici. Quell’anno vincemmo tutto, e per la prima volta nella storia Sant’Antioco andò a disputare la massima serie”.

Cosa ricorda di quella magia?

Ricordo che alle trasmissioni sportive ci chiamavano assieme al Cagliari in cui giocava il grande Firicano. Ricordo le persone che prima affollarono il palazzetto di Sant’Antioco e poi il palazzetto di Cagliari nell’anno della serie A1. Era una folla, 5000 persone che assediavano un luogo che fino a quel momento era stato del basket. Ricordo anche Giuseppe Lai e le nostre giornate al mare a pescare. Io la Sardegna la porterò sempre nel cuore”.

Foto Lega Pallavolo Serie A

Negli anni 90 fu uno dei pionieri di ciò che nella pallavolo definiremo “mito”. Da cosa nasce una personalità come quella di Pascual?

Penso sempre di essere stato un atleta che ha messo amore e passione per lo sport al primo posto. Le persone mi chiedevano come si potesse saltare, attaccare come facevo io. Beh, io volevo semplicemente essere quella persona che viveva di pane e pallavolo. Quella era la mia vita e mi svegliavo ogni giorno per essere la migliore versione possibile di me stesso”.

Fu capocannoniere alla Banca Popolare di Sassari e per anni all’Alpitour Cuneo. A Cuneo però vinse davvero tutto.

Mi vennero a cercare quando ancora ero in Sardegna e mi proposero di prendere il posto di Ganev, che a Cuneo era stato uno dei mostri sacri. Mi dispiaceva lasciare la Sardegna, ma la retrocessione di quell’anno facilitò il mio addio alla pallavolo sarda. Cuneo era una città che viveva solo per il volley. Furono gli anni di Prandi, nei quali conquistammo tanti trofei, con la consapevolezza che facendo bene eravamo i più forti”.

Perché scelse poi di andare via dall’Italia dopo cinque stagioni?

Ragioni personali e familiari mi allontanarono dall’Italia. Accettai di andare in Giappone, uno tra i primi stranieri, perché i giapponesi sapevano conquistarti e sedurti, non solo economicamente. Era una nazione nella quale la pallavolo maschile viveva anni di enorme entusiasmo. E c’erano investimenti importanti anche nella comunicazione, nella pubblicità e nella diffusione di quello sport. Fu un’esperienza importante, anche se durò una stagione soltanto”.

Foto Facebook Rafa Pascual

La nazionale fu il punto più alto della sua carriera?

Per il patriottismo che mi contraddistingue non potevo dire di no alla convocazione. Mi ritrovai a costruire dalle fondamenta una storia bellissima con alcuni atleti che poi diventarono amici, fratelli. Uno su tutti fu Miguel Angel Falasca. Fu il coronamento di una carriera nella quale non mi privai mai di nulla. E arrivammo a conquistare gli Europei nel 2007. Un risultato storico”.

Sulla panchina sedeva Andrea Anastasi.

Io, Anastasi e Falasca. Persone collegate da un’amicizia speciale. Andrea arrivò in panchina e seppe dare e trasmettere ciò che mancava ad ognuno di noi per ottenere qualcosa di importante. Era ed è un maestro, un divulgatore, un educatore. Sempre bello ricordare quei tempi”.

Il 29 aprile è stato il compleanno di Miguel Angel Falasca. Lei gli ha dedicato un bellissimo post.

È stato uno degli amici più importanti che abbia mai incontrato nella mia carriera. I primi momenti in nazionale ricordo la sua personalità, la sua forza interiore e la sua capacità magnetica di trasmetterti la passione che aveva per la pallavolo. Mi manca, molto”.

Dopo la fine della sua carriera, è diventato un ristoratore. Mi spiega la scelta?

Una scelta imprenditoriale. Abbiamo aperto dei ristoranti di pesce in centro a Madrid. Alcuni amici mi coinvolsero in quest’avventura che andò molto bene. Un’avventura faticosa sotto ogni punto di vista. Madrid è una città che non dorme mai, e la ristorazione è il primo veicolo della movida madrilena. Ad un certo punto ho preferito dedicarmi ad altro, ed oggi lavoro nel mondo delle intermediazioni finanziarie. Decisamente interessante”.

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