Finisce il campionato, si va in vacanza, e nei bar tra tifosi si chiacchiera di mercato. Succede anche per la pallavolo. Succederà, se non sta già accadendo, per certi giri di panchine in Superlega che trovano il consenso di qualcuno e sfuggono alla comprensione di tanti. Il perché è presto detto: incredibile ma vero, tutti gli allenatori che hanno vinto qualcosa quest’anno sono stati mandati via.
Andrea Anastasi ha pagato a carissimo prezzo gli inspiegabili capitomboli collezionati in Coppa Italia, Champions League, Play Off Scudetto e Play Off Challenge, ma comunque la sua avventura alla Sir Safety Susa Perugia è stata segnata anche da due successi (e mezzo): Mondiale per Club, Supercoppa e una regular season che è finita comunque negli almanacchi dei record.
Angelo Lorenzetti si è visto probabilmente consegnare il conto salatissimo delle tante finali perse in tutte le competizioni (8) durante la sua gestione. L’ultima in ordine cronologico, quella in Coppa Italia, gli ha fatto recapitare una lettera di “arrivederci e grazie” forse un po’ troppo frettolosa, quando i Play Off Scudetto erano appena cominciati. Lui, di tutta risposta, quello scudetto alla fine l’ha vinto, andandosene a testa altissima.
Massimo Botti, se vogliamo, è il caso più eclatante di tutti. A Piacenza da capo allenatore aveva già fatto filotto nella stagione 2018-19: promozione dalla A2, Coppa Italia di A2 e riconoscimento come miglior tecnico del campionato. Poi in Superlega era stato “declassato” a secondo ma, quando ha avuto nuovamente l’occasione di giocarsi le sue chance, nel massimo campionato ha vinto una Coppa Italia (suonandole a tutti alle Final Four) e conquistato il terzo posto finale nei Play Off, con conseguente qualificazione alla prossima Champions League. Per mantenere il posto, evidentemente, avrebbe dovuto vincere, e subito, anche scudetto e campionato intergalattico.
Altro divorzio che ha sorpreso tutti, soprattutto per le modalità in cui gli è stato dato il benservito, è stato quello di Andrea Giani alla Valsa Group Modena. Il “Giangio” nazionale, che già l’estate prima del campionato aveva condotto la Francia alla conquista della VNL, ha riportato nella “sua” Modena una coppa europea che non si vedeva dal lontano 2008. E non una Challenge, come in quel caso, ma una CEV Cup. Che è altra cosa. Senza dimenticare il terzo posto finale in regular season, che anche quello è stata tanta roba vista la concorrenza.
E che dire poi di Vincenzo Di Pinto. La sua salvezza, ottenuta con una squadra del sud, per il secondo anno di fila, e gestendo soprattutto il budget più basso di tutta la Superlega, equivale alla conquista di un titolo a tutti gli effetti. Al “mago di Turi”, però, la Gioiella Prisma Taranto prima ha dato pieni poteri (tecnici e manageriali) durante la semina; poi, quando è arrivato il tempo del raccolto, di riconoscere il suo merito, si sono fiondati tutti a reclamare una fetta della torta. Come se non bastasse, ora Di Pinto viene anche… “dipinto” come uno difficile. Bollato come “bravo sì, ma solo per salvarsi”, “bravo sì, ma solo con le squadre del sud”, quando invece la sua storia racconta ben altro (qualcuno si ricorda cosa ha fatto con la prima Lube Macerata o cosa ha vinto con Perugia?). I suoi giocatori, soprattutto, raccontano ben altro.
Ora a Perugia andrà Lorenzetti, che dovrà dimostrare all’esigente patron Sirci che lo scudetto vinto non rappresenta un’eccezione. Così come a Piacenza andrà Anastasi, che a sua volta dovrà gestire meglio la stagione dimostrando d’aver capito che le sgasate al pronti via servono a poco se poi la benzina finisce a un metro dal, o meglio, dai traguardi. Per loro, comunque, altri due top team. Mentre gli altri, per ora, restano al palo. Giusto? Sbagliato? Come sempre accade nello sport, saranno i risultati a darci tutte le risposte.
di Giuliano Bindoni