Di Redazione
Il capitano di Trentino Volley Simone Giannelli è stato intervistato ieri mattina su Skype da Maurizio Colantoni per Rai Sport e ha raccontato le sue impressioni sul dramma di questi giorni e sulla sua vita da sportivo, riportate oggi da l’Adige.
Emergenza Coronavirus. «Questo virus sta cambiando il nostro modo di vivere e di pensare; quando sarà tutto finito probabilmente troveremo un mondo diverso ma al momento attuale è importante seguire le direttive e restare a casa. Spero che si possa riprendere il prima possibile ma adesso la priorità è la salute di tutti».
«Sono da venti giorni nella mia casa di Trento e mi reputo fortunato perché, a differenza di altri compagni di squadra, non sono solo. Con me c’è la mia ragazza: passiamo il tempo cucinando e studiando; ho chiamato spesso mia nonna per farmi suggerire le sue storiche ricette mentre per quanto riguarda l’Università sto preparando un esame difficile ed importante come Fisiologia ed Anatomia ed ovviamente mi prende molto tempo ma adesso ne ho. Sono iscritto a Scienze dell’Alimentazione, sto svolgendo il primo anno di corso e l’ho quasi finito ma so che ci metterò tanto perché fare il giocatore professionista riempie le giornate. Ogni giorno, poi, alle ore 16 ci troviamo in video call conference con i compagni di squadra per svolgere gli esercizi a corpo libero. La prima cosa che farò quando potremo tornare ad uscire? Salire a Bolzano e andare a trovare la mia famiglia».
Scudetto. «Ho avuto la fortuna di vincerne già due perché considero anche quello ottenuto seguendo dalla panchina gara 5 di finale del 2013, vinta da Trento contro Piacenza con Jack Sintini in campo. Ho 23 anni, devo crescere ancora tanto ma sono già grato per le emozioni che ho vissuto come anche quella della vittoria del titolo italiano nel 2015 a Modena. II mio obiettivo è quello di migliorare e vincere sempre di più».
Palleggiatore. «Quello del regista è un ruolo piuttosto complicato perché deve sempre pensare, ragionare in ogni occasione e trovare la soluzione migliorare, mentre ogni tanto magari ci sarebbe la voglia solo di attaccare a tutto braccio come fanno gli altri. Ci vuole anche un pizzico di follia per gestire il gioco della squadra e riuscire ad avere sempre tutto sotto controllo. Il mio punto di riferimento è sempre stato l’americano Lloy Ball, ma anche Blangè mi hanno raccontato sia stato qualcosa di straordinario nel ruolo; ho cercato qualche video per rendermene effettivamente conto perché quando lui giocava io ero ancora piccolissimo. Non voglio dimenticare i brasiliani Ricardinho e Bruno».
Federer. «È sempre stato il mio idolo, ma oltre ad essere un fenomeno di stile, talento ed eleganza è un esempio per quello che ha fatto anche fuori dal campo. È una delle missioni di noi sportivi: riuscire ad offrire un immagine positiva anche a livello di comportamento e in questo senso Roger è un campione assoluto»
Questo il link all’intervista.