Simone Giannelli: “I rapporti umani e le emozioni fanno la differenza”

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Di Roberto Zucca

Il sorriso delle grandi occasioni sul volto del presidente Sirci è il segnale che l’inizio della stagione sia stato quello giusto. Se poi, al nome di Simone Giannelli, lo stesso numero uno della Sir Safety Conad Perugia afferma che il palleggiatore “sta giocando una pallavolo strepitosa“, il discorso si fa decisamente interessante:

Naturalmente – ci dice il capitano della nazionale – è piacevole leggere certe attestazioni di stima, anche da parte del presidente. Tutti stiamo facendo il nostro lavoro e io in primis sono arrivato per dare il mio contributo cercando di dare il meglio. Se il risultato che viene fuori è quello delle prime giornate significa che tutti siamo sulla strada giusta“.

Lei è uno che le responsabilità se le prende sempre, senza sottrarsi.

Mi piace prendermele, perché trovo che sia parte del ruolo e della professione. Che vada bene o che vada male, fa parte del gioco, e se mi vengono date significa che attorno a me si è creata una fiducia tale che è sinonimo di stima da entrambe le parti“.

Quale è il suo segreto?

“(ride, n.d.r.) Nessun segreto! Non sono un supereroe e ho sempre bisogno che i compagni mi supportino per fare bene. Mi piace lavorare in un contesto in cui ci sia alla base la fiducia in ciascun elemento della squadra“.

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Suo padre Paolo ha detto al Corriere della Sera che lei, davanti al titolo europeo, era particolarmente emozionato. Cosa c’era dentro quell’emozione?

Tutta la vita. Tutti quelli che fanno parte di questo mondo ci vedono spesso solo in campo, e la nostra storia diventa solo un insieme di vittorie e sconfitte. Dietro questo mondo c’è molto altro e non è facile. Ho preso tante mazzate e ho sofferto spesso, e solo chi veramente mi è stato vicino sa quanto sia stato difficile in alcuni momenti“.

Quella gioia l’ha condivisa pubblicamente in un abbraccio simbolico con Simone Anzani. Quanto sono importanti quei legami all’interno di un contesto come quello della nazionale?

Sono fondamentali. Tutti giochiamo una pallavolo basata sulla forza e sulla potenza. Ma sono proprio i rapporti umani e tutto ciò che metti dentro a livello emozionale a fare la differenza. Simone ed io non abbiamo mai giocato assieme in un club, ma in nazionale abbiamo praticamente iniziato assieme. Ho conosciuto un amico e una persona dal cuore grande. Un cuore come pochi altri. E in quell’abbraccio c’era il ringraziamento per ciò che insieme siamo riusciti a portare a casa“.

Con Sbertoli è sembrato ci fosse una sana e sincera armonia.

È un palleggiatore veramente eccezionale. Tra di noi si è creato un bel rapporto e sono stato ad avergli consigliato di andare a Trento. Quindi vederlo lì è un bel motivo di orgoglio. Riccardo è uno che in nazionale alza il livello, così come tutti quelli che magari non partono subito titolari e sono altrettanto fondamentali. Io a livello tattico lo coinvolgo molto ed è sempre in grado di darmi buoni consigli. Sono molto contento della relazione che si è creata“.

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Mi dica come vive la popolarità. Mi sembra uno per cui la privacy è un valore importante.

Vivo tutto con molta semplicità. Sia la fase dei complimenti che quella delle critiche. Fa parte del gioco. Cerco sempre di preservare gli affetti. È qualcosa di importante. Non voglio mai che vengano chiamati in causa o coinvolti“.

Visto il successo e anche l’usanza nel mondo dello sport contemporaneo, qualcuno le ha mai proposto di scrivere una biografia?

Non credo di aver ancora conquistato qualcosa di così importante, a 25 anni, per cui debba stendere la mia biografia. È ancora presto. Lascio la penna a chi ha vinto molto più di me e a chi ha storie più speciali della mia. Con gli amici di Becco Giallo ho curato un fumetto per bambini. È stata un’idea divertente, per i più piccoli, per inventare una storia in un momento in cui lo sport era un po’ fermo a causa della pandemia“.

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Menicali: “Cosa ha di speciale Cagliari? Il fattore CUS. Vi spiego in cosa consiste”

Sale in Zucca

Cosa spinge un ragazzo nato a Moncalieri, cresciuto in B1 a Biella, dove tra le altre cose incrocia il suo allenatore di questa stagione Lorenzo Simeon, a diventare da anni la bandiera del Cus Cagliari, nonché il capitano e colui che è dietro l’autentico miracolo che si è manifestato ai quarti di finale, quando gli isolani hanno mandato a casa la prima della classe San Donà? 

È una domanda a cui da anni cerco di dare una risposta semplice, ma in realtà è molto articolata, perché col tempo si aggiungono continuamente dei tasselli utili a spiegarne la genesi. 

La verità è che non c’è una sola ragione perché Michael Menicali sia diventato così cagliaricentrico, ma una serie di fattori di natura sentimentale, affettiva, personale che lo hanno spinto ad arrivare fino a questo capitolo della storia. Questo capitolo si è concluso con una sconfitta nelle semifinali playoff contro Lagonegro, che non è però il segno di una stagione giocata a bassa quota, quanto la fine di un sogno in cui si è andati davvero più avanti di ogni aspettativa.

“È finita in un mix di rammarico per non aver continuato sulla scia dei quarti e la consapevolezza di aver fatto più di ciò che ci si aspettava da noi. Lagonegro è stata più forte e più consapevole di dove volesse arrivare, mentre noi abbiamo forse pagato i quarti giocati davvero bene. Dovevamo mantenere quella carica e non siamo riusciti a bissare. Loro hanno avuto il merito di giocare due partite davvero ottime, noi abbiamo il rammarico di aver giocato due primi set, sia all’andata che al ritorno, in cui se avessimo vinto, chissà dove saremo arrivati. Ma con i se e con i ma non si arriva da nessuna parte. Resta la soddisfazione per la stagione che è stata”

Siete stati la vera sorpresa dei quarti.

“Venivamo da cinque sconfitte nelle cinque gare precedenti all’inizio dei playoff. Ma il gruppo c’era e c’è sempre stato in tutta la stagione. Abbiamo capito che quel gruppo poteva andare al di là del set o set e mezzo in cui faceva bene o era capace di farlo con qualsiasi squadra e siamo arrivati ai playoff senza la pressione di dover fare risultato, ma con la volontà di far capire dove si poteva arrivare. La prima gara a San Donà è stata una bellissima vittoria ottenuta giocando liberi e ci ha dato una carica enorme. Ho visto i ragazzi ritrovare quelle certezze che nella seconda fase dell’anno avevamo un po’ perso e in gara due siamo riusciti ad amministrare il fattore campo, che dopo tanto tempo è stato bello ritrovare con tanto calore nel nostro palazzetto”

Lei quando ha cominciato a credere che si poteva ribaltare il pronostico?

“Al terzo set di gara due. Dentro di me ho provato l’emozione di aver superato uno scoglio e ho pensato che ce l’avremo potuta fare. È così che abbiamo affrontato il quarto set punto a punto e abbiamo staccato San Donà nel finale”

Il segreto del Cus Cagliari è apparso proprio il fattore Cus. Mi rendo conto sia difficile da spiegare a chi non vive un contesto così. Ma proviamoci.

“Ne ho parlato con Marinelli, che per me ormai è come un fratello. Viviamo un ambiente in cui nel bene o nel male trascorriamo ore e ore ogni giorno negli impianti, che sono un po’ palestra, un po’ palazzetto, ma anche un po’ un mondo nel quale a fine allenamento o il giovedì diventano uno spazio ricreativo dove bere una birretta e trovarsi con tutti gli atleti di altre discipline. Viviamo una squadra e un gruppo in cui ti senti parte di qualcosa, ti senti di appartenere un progetto. È un modo che ti porta a stare dentro a quel mondo, tra l’altro senza sentire pressioni che in passato mi è capitato di vivere in altri ambienti”

Menicali, Marinelli e Gozzo come zoccolo duro. Insieme ad un gruppo di giovani molto promettenti, tra cui Biasotto e Rascato.

“Gara due l’abbiamo giocato tutti con il sangue negli occhi. Morgan psicologicamente ha retto molto bene, lo stesso anche Ciardo, ma in generale tutta la squadra. Rascato è il risultato di chi si sta allenando veramente molto bene e poi in campo riesce a dare tutto. Con Marinelli, ripeto, c’è un rapporto di fratellanza e spero di ritrovarci nella stessa squadra ancora per molto tempo. Gozzo è arrivato quest’anno ed è stato una bella scoperta”

Simeon?

“Con Lollo avevo giocato già in B a Biella. Lui e Alessio Marotto sono riusciti a tenere la squadra anche quando non riuscivamo a girare come all’inizio e va il merito di essere stati capaci di lavorare sulle nostre fragilità”

Il prossimo anno quanta voglia c’è di rimanere al Cus Cagliari?

“Ci sono buone possibilità che ciò avvenga. Per me ormai è casa. Ho comprato anche casa a Quartu Sant’Elena, vicino Cagliari, quindi la voglia di restare c’è tutta”

L’estate nel mondo del beach con Balsamo è confermata?

“Assolutamente sì, anche se scherzando gli ho detto di non venire a gufarmi ai quarti e in semifinale per poter cominciare prima a pensare alle tappe. Però scherzi a parte, ci ritroveremo e vorremo riuscire a giocare il campionato italiano, almeno per qualche tentativo di qualifica”

Di Roberto Zucca