Thomas Beretta: "Ho archiviato il passato, ora sto risalendo la china"

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Di Roberto Zucca

La sua esperienza nel mondo del volley è un lungo excursus che raggiunge le vette più alte e comprende qualsiasi possibile sfumatura di una carriera sportiva. È proprio questo il bello della vita pallavolistica di Thomas Beretta, che a qualche mese dal compimento dei 30 anni, è tornato ad essere un punto di riferimento nel panorama dei centrali italiani con la maglia della Vero Volley Monza:

Non mi sono mai soffermato a fare un bilancio di questi miei primi 30 anni, e lei è il primo a chiedermelo. Posso dire che questo punto della mia carriera coincide con un momento positivo a livello personale. Sono rientrato a Monza e ho ritrovato l’ambiente lasciato qualche anno fa. Un ambiente che è stato il mio habitat naturale e al quale sento di appartenere”.

In un’intervista lei ha dichiarato che Vero Volley è un ambiente che bisogna imparare a vivere.

È un contesto che impari a conoscere nel tempo, del quale il benessere e la cura dell’atleta sono peculiarità importanti. È un posto nel quale non mi sento mi manchi nulla. E nel quale mi piace ‘esserci’ e poter dare il mio contributo”.

La classifica per ora non vi premia. Questione di tempo?

Le premesse erano ottime, se non di più. La squadra è molto ben assortita e tecnicamente superiore a quella dello scorso anno. La società ha fatto un grande sforzo in tutti i sensi e i risultati sul campo, è vero, per ora non ci hanno dato pienamente ragione. Abbiamo un girone di ritorno per riscattarci da alcune performance. Possiamo farcela, se vogliamo”.

Posso dirle che invece, per lei, sembra l’inizio di una seconda vita pallavolistica?

“(ride, n.d.r.) Forse di una terza! Ho avuto un momento professionale che mi ha reso parte della nazionale italiana, e sono anni che ricordo con enorme soddisfazione. Ho affrontato poi delle stagioni non facili, e le convocazioni si sono lentamente diradate. Mi creda, non mi sono dato pace nelle estati di quelle stagioni. Ora ho archiviato il momento e sto risalendo la china”.

Lei crede in una seconda chance?

Se dipendesse solo da me… ma come sappiamo, non dipende solo dalla volontà di un atleta. Così come non posso pensare esclusivamente all’azzurro. Uno lavora anche per quello, sacrifica tutto anche per quello. È ancora troppo presto per farsi qualsiasi idea. Per ora, la mia concentrazione è qui a Monza”.

Come si viene fuori dalla fragilità di quelle stagioni?

Non è facile. E pochi ne parlano. Sono momenti in cui si fa affidamento solo sulle proprie forze mentali. Si torna in palestra ed è come uscire da un’autostrada, lasciandosi il viaggio alle spalle e pensando di dover rientrare nella propria quotidianità”.

Ha fatto molti viaggi interessanti negli ultimi anni. Opportunità o bisogno di staccarsi da tutto questo?

Amo viaggiare. È un’esigenza. L’ultima esperienza, quella in Colombia, è stata un salto in una sorta di sogno ad occhi aperti. Siamo passati dalla vita in città ad alcuni villaggi sul Pacifico dove ho fatto una vita spartana, e nei quali si vive con ciò che si pesca e si ha a disposizione. Un’esperienza simile ti rimette al mondo”.

Dove si vede a fine carriera? In sabbatico in giro per il mondo?

Viaggiare è parte di un futuro in cui sicuramente avrò più tempo libero. Però sono una persona che mette radici, quindi sto bene qui al momento. Vorrei rimanere nell’ambiente, è una riflessione che ho fatto anche recentemente”.

Nel mondo della pallavolo lei è molto amato, e ha conosciuto tante realtà. Di quale amico e di quale percorso va più orgoglioso?

Di Simone Anzani. Perché è un mio carissimo amico, perché siamo cresciuti assieme e abbiamo fatto le stesse cose. Abbiamo lo stesso ruolo e tra di noi non c’è mai stata competizione, se non sana, da avversari in campo. Ecco, vedere dove sta ora mi rende molto felice per lui”.

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