Di Eugenio Peralta
16 marzo 2013: una data da ricordare per tanti motivi. Primo fra tutti la fitta nevicata che durante la notte, nonostante l’imminenza della primavera e il riscaldamento globale, si abbatte su Varese: forse un segno di insofferenza divina perché in quel fine settimana il PalaWhirlpool, il tempio del basket a Masnago, è “occupato” dalla pallavolo femminile con la final four di Coppa Italia. Ma in quelle stesse ore i pensieri di tutto il mondo del volley sono altrove, nella stanza d’ospedale in cui Sara Anzanello si sta preparando alla partita più difficile della sua vita: l’operazione per il trapianto di fegato.
Neanche a farlo apposta, nella prima semifinale si affrontano due squadre che arrivano da poco più di 20 km di distanza: Unendo Yamamay Busto Arsizio e MC Carnaghi Villa Cortese, protagoniste solo un anno prima di un indimenticabile derby-scudetto. Ma adesso la situazione è molto diversa: Busto, che è la detentrice del trofeo, è spossata dalle finali di Champions League chiuse poche ore prima con il terzo posto, ed è alle prese con i guai fisici del suo faro Carli Lloyd.
Dal canto suo Villa, dopo aver mancato per tre volte consecutive l’assalto al titolo nazionale, vive una stagione di mesta decadenza che la porterà fino alla scomparsa dal panorama della pallavolo di alto livello. La “fusione” con l’Asystel è stata un fallimento, la squadra ha dovuto rinunciare a entrambi i liberi (Cardullo per infortunio, Puerari per disapori con la società) e l’allenatore è cambiato a metà stagione, con Chiappafreddo al posto di Caprara.
Ma il 16 marzo, come si è detto, è una giornata magica. Le due squadre scendono in campo indossando maglie con la scritta “Forza Anza #1“ e i tifosi di Busto dedicano all’idolo degli acerrimi rivali un enorme striscione: “Né bandiere né colori, forza Sara nei nostri cuori“. Quelli di Villa rispondo con il classico coro “Anzanello, guarda quanti punti fa“, per un’atmosfera da brividi.
La partita non è certo indimenticabile, ma combattuta sì, e anche ricca di colpi di scena. Nel primo set Busto risale dall’11-17 al 21-22 prima di arrendersi in volata; nel secondo è Villa a rimontare fino al 19-19, ma non basta. Le cortesine tornano in vantaggio nel terzo, piazzando il break decisivo sul 20-23 con Malagurski. Busto è stanca e si vede: tra le poche a crederci è Christina Bauer (che infatti si arrabbierà tantissimo a fine gara) ed è lei a firmare il 4-0 decisivo nel quarto set (22-18). Al tie break però Villa gira sul 6-8 e Ilaria Garzaro, migliore in campo, è decisiva insieme a Barun per il 2-3 (21-25, 25-23, 22-25, 25-19, 11-15): dopo pochi mesi passerà dall’altra parte della barricata.
La magia finisce lì. In finale, il giorno dopo, Villa si trova di fronte la Rebecchi Nordmeccanica Piacenza, unica squadra non lombarda in gara, vittoriosa sulla Foppapedretti Bergamo: l’allenatore è proprio Giovanni Caprara, che è subentrato in corsa a un certo Davide Mazzanti e che piloterà le emiliane fino allo scudetto. Contro la sua ex squadra il tecnico bolognese compie un capolavoro tattico, Lucia Bosetti cancella la sorella Caterina e Piacenza domina in tre set, aggiudicandosi per la prima volta la coccarda tricolore.
Probabilmente neppure un successo in quella partita avrebbe cambiato la sorte della MC Carnaghi: la favola biancoblu si scioglie come la neve di Varese e in pochi mesi Villa Cortese è ridotta al rango di “meteora” del volley italiano. Ma ai 4500 e più del PalaWhirpool resterà il ricordo di quell’ultimo pizzico di magia, in onore di una campionessa che il destino ci ha concesso di tenere ancora per qualche anno tra noi.