Di Redazione
19 marzo 2006: per la prima volta nella sua storia la Sirio Perugia sale sul trono d’Europa, vincendo la European Champions League. È la definitiva consacrazione di una squadra che già da qualche anno è grandissima protagonista del campionato italiano, in entusiasmante alternanza con la Foppapedretti Bergamo. E arriva nello scenario più spettacolare e sfidante possibile: il Palais des Victoires, campo di casa delle avversarie del Racing Club de Cannes, davanti a 4.500 spettatori di cui appena un centinaio italiani.
La stagione precedente, per il club del presidente Iacone, si è conclusa con un favoloso triplete: scudetto, Coppa Italia, Coppa CEV. Ma in estate Perugia deve fare i conti con l’importante defezione di Tai Aguero, sostituita dalla bulgara Antonina Zetova; e a metà dell’anno successivo anche l’altra azzurra Simona Gioli fa un passo indietro, per dedicarsi alla bella avventura che la farà diventare “Mamma Fast“. Così, il tecnico Massimo Barbolini deve affidarsi alle giovani: Lucia Crisanti, Chiara Di Iulio e Senna Usic, vent’anni a testa (più o meno).
Chiaro che, in queste condizioni, la squadra difetti un po’ di continuità. Infatti in campionato, soprattutto nel girone d’andata, Perugia balbetta, perdendo per tre volte in casa contro Jesi, Vicenza e Novara; e in Coppa Italia la corsa si ferma in semifinale, sempre per opera di Jesi. A livello europeo, però, le cose vanno ben diversamente: nonostante la massacrante formula della Champions di quell’anno, che prevede addirittura un girone all’italiana da 6 squadre, la Colussi (questo lo sponsor di Coppa) vince 9 partite su 10. Nei quarti di finale, poi, Fofao e compagne passano al tie break sul campo dell’Uralochka del mitico Karpol, regolato poi al ritorno per 3-0.
È la seconda final four della storia per le umbre: la prima (nel 2004) si è conclusa con una bruciante sconfitta per 3-2 in finale, a Tenerife. Lungo il cammino ci sono due ostacoli non da poco: la Foppapedretti Bergamo, che è campione in carica e una settimana prima ha rifilato a Perugia un sonoro 3-0 in campionato, e il Racing Club de Cannes, squadra ospitante nonché da anni protagonista in Europa. Per fortuna della Colussi, le due rivali si incontrano dall’altra parte del tabellone: a spuntarla sono le francesi, per 3-1.
Non che la squadra di Barbolini, dal canto suo, abbia vita facile: l’emergente VakifBank Istanbul, battuto per due volte nel girone iniziale, si rivela un osso duro e in semifinale si porta avanti 2-1 grazie soprattutto ai 32 punti dell’opposta Neslihan Demir. Ma poi Perugia prende in mano la partita e, spinta dalla scatenata cubana Mirka Francia (29 punti), domina quarto e quinto parziale, imponendosi per 2-3 (20-25, 25-22, 25-17, 17-25, 9-15): ancora una volta sarà finale.
In finale il clima è incandescente: trascinata dai tifosi e dalle stelle Glinka e Ravva, Cannes dà battaglia nel primo set. Ma la squadra italiana è quasi perfetta: Fofao gestisce perfettamente le attaccanti di riferimento, Zetova e Francia, il libero Chiara Arcangeli fa miracoli e il capitano Dorota Swieniewicz, l’Airone di Varsavia per i tifosi, è un elemento di equilibrio imprescindibile. La Colussi si aggiudica il parziale in volata e vince più nettamente il secondo, le francesi riaprono la partita nel terzo, ma il quarto set è dominato e si chiude trionfalmente con una combinazione tutta brasiliana tra Fofao e Walewska: 3-1 (25-23, 25-20, 22-25, 25-20).
“Questo trionfo proietta Perugia nella storia del volley“, esulta Barbolini, che torna sul trono d’Europa a 10 anni esatti dal trofeo conquistato con Matera. Mirka Francia, con 22 punti, è la miglior attaccante e Fofao la miglior palleggiatrice, anche se il premio di MVP va a Ravva. La Sirio quell’anno si ferma ai quarti dei play off scudetto, sconfitta dalla bestia nera Jesi, ma la storia non finisce lì: arriveranno in seguito il memorabile scudetto del 2007, partendo dal quinto posto in regular season, e l’anno successivo un’altra Champions League, ancora più sofferta e sudata.