Da domenica sera è ufficiale, anche nella prossima stagione la Libertas Cantù disputerà il campionato di A2. Il protagonista di questa difficile salvezza, ottenuta in gara 5 a Brescia contro l’Atlantide Pallavolo, ha un nome e un cognome: Umberto Gerosa. Classe 1977, di Monza, l’eterno palleggiatore milita nella compagine canturina da ben sette stagioni: dalla prima promozione in A2, passando per la retrocessione in B1 nel 2012, fino all’incredibile sogno chiamato A1 sfumato in finale contro Vero Volley.
Nel panorama pallavolistico Lombardo, Gerosa rappresenta un’istituzione a tutti gli effetti. Volley NEWS lo ha intervistato per scoprire sogni, rimpianti e curiosità di un palleggiatore che anche l’anno prossimo vuole essere nuovamente protagonista nella seconda serie Nazionale. Magari ancora con la maglia di Cantù.
Finalmente è arrivata la salvezza: che partita è stata gara 5?
Siamo molto contenti per il risultato ottenuto: finalmente abbiamo giocato come volevamo. Ci stavamo allenando bene, eravamo tutti in forma e soprattutto eravamo consapevoli di potercela fare. Non è stata un’annata facile, ed eravamo in cerca di riscatto. Dopo le buone prestazioni in trasferta eravamo convinti fosse finalmente arrivata la nostra partita, e nonostante lo svantaggio, siamo riusciti a rimanere attaccati a loro per poi rimontare. Siamo stati bravi a non mollare e a imporre il nostro gioco.
Crede la formula del campionato a 20 squadre possa avere influenzato il vostro rendimento?
Certamente è una formula strana, da me non apprezzata, che ha influenzato numerosi fattori tra cui sicuramente la preparazione fisica. Le strade percorribili erano due: arrivare pronti all’inizio per evitare i play-out, oppure partire un po’ più a rilento per arrivare fisicamente e mentalmente pronti negli scontri di fine stagione. Reputo che in un campionato tutti debbano incontrare tutti. Preferirei che in A2 ci siano squadre realmente attrezzate per fare questa categoria. Spesso invece sono presenti società incapaci di pagare gli stipendi ai giocatori e che fanno questa categoria solo per il nome. Piuttosto avrebbe senso fare una scrematura come in Superlega. Il fascino del campionato è quello di poter incontrare tutte le squadre, non solo alcune.
Per quale ragione nella sua carriera è sempre stato radicato al suo territorio?
Ho fatto tutto il percorso delle giovanili nella società della mia città, Besana in Brianza. Ho sempre visto la pallavolo come un plus rispetto al lavoro, quindi ho sempre cercato squadre nel territorio che mi potessero dare la possibilità di continuare le mie attività lavorative. Ho ricevuto diverse offerte da fuori, ma ho sempre dato precedenza alla mia carriera lavorativa. Sono contento di avere dato tanto, e avere contemporaneamente ricevuto moltissimo dalla pallavolo brianzola e da Cantù. Sotto un certo punto di vista sono anche orgoglioso.
Pensa di avere rimpianti nella sua carriera?
Mi viene da ridere se penso che a 40 anni rischio di giocare ancora in A2. Qualche rimpianto c’è, ma credo di avere fatto qualsiasi cosa che mi permettesse di conciliare la pallavolo, il lavoro e la mia vita. Sono assolutamente soddisfatto, e guardandomi indietro, sorrido.
Non ha citato tra i rimpianti la sconfitta nella finale play off per l’A1. Avrebbe mai giocato nella massima categoria?
No, assolutamente no. Di questo sono sicuro al 100%. La componente fisica è maggiore rispetto a quella tecnica. Sono consapevole dei miei limiti dal punto di vista fisico, sono molto schietto. Molto probabilmente avrei potuto dire la mia in A1 per quello che concerne la componente tecnica, ma sono ben altre le misure necessarie per giocare nella massima categoria.
Qual è la cosa che più la riempie di orgoglio volgendo lo sguardo alla sua carriera?
La cosa che più mi ha reso orgoglioso in tutti questi anni di pallavolo, indipendentemente dalle vittorie riportate sul campo, è stato il rispetto ottenuto da tutti i giovani con cui ho giocato. Sono consapevole di essere molto severo con i compagni di squadra più giovani, ma ho sempre dato modo a loro di credere che fosse per il bene della loro crescita. Il fatto di essere arrivato a giocare nella pallavolo che conta a 30 anni è la dimostrazione che con il sudore e la fatica si possa arrivare ovunque. Sapere di essere considerato un esempio per questo mi rende davvero orgoglioso. Per questa ragione mi rammarico osservando ragazzi di 22 anni che non comprendono la grande occasione di giocare in categorie importanti alla loro età: avessi avuto io questa possibilità…
Ha altre attività al di fuori del mondo del mondo della pallavolo?
Attualmente mi definisco in ferie, ma solo dalla pallavolo, visto che continuo a lavorare. Ho sempre lavorato, naturalmente part time, in modo da poter coniugare l’attività lavorativa con la mia carriera da giocatore. Ho una negozio, che gestisco insieme ad un amico, che si occupa di stampe per articoli sportivi. Chiaramente il tempo non è molto, ma cerco di organizzarlo per fare entrambe le cose. Per me infatti il lavoro è sempre stato importante, ci tengo a dirlo. Anche per me le vacanze saranno quindi ad agosto!
Il suo collega più forte attualmente nel mondo?
Bruno, nonostante mi piaccia comunque anche Giannelli. Dico Bruno perché è molto spettacolare ed è molto abile nel coniugare precisione e fantasia. Insieme a De Cecco secondo me sono i più forti.
L’anno prossimo: cosa farà Umberto Gerosa da grande?
Devo parlarne con la società. Fisicamente sto abbastanza bene e mi piacerebbe continuare per un altro anno qui perché sono affezionato a Cantù e a questi tifosi. Un altro anno sento di poterlo fare e dire la mia. Ora “alzo” la palla alla società…