Di Stefano Benzi
Io le chiamo affinità elettive: quando ho cominciato ad occuparmi di sport per professione ho cercato di tenere sopite le passioni e di mantenere un giusto distacco dal tifo e dall’essere di parte. La cosa è stata facile perché ho avuto un padre con il quale si andava tutte le settimane allo stadio, quando non era per mare, perché lui stava da una parte e io esattamente da quella opposta del tifo calcistico cittadino. Non mi ha mai considerato una spina nel fianco e io ho sempre apprezzato il modo in cui lui mi avesse lasciato libero di tifare per chi volessi.
Con la professione le cose sono cambiate: mi sono appassionato soprattutto alle persone, alla loro storia personale e alla loro idea di sport. Non sono uno che ha amato i vincenti per antonomasia: a Ronaldo per esempio ho preferito Savio, un giocatore brasiliano secondo me straordinario ed elegantissimo; ero innamorato di Marc Overmars e poi di Van der Vaart più che di Gullit o Van Basten e stravedo da anni per Gasperini.
Tanti anni fa, al primo incarico di seguire una testata online che si occupava di pallavolo ho avuto modo di conoscere una ragazza giovanissima, di grande talento e di rara educazione e impegno. Fu la mia prima intervista in assoluto, giocava a Vicenza con un’altra giocatrice straordinaria e ancora in divenire, Maggie Glinka. Quella ragazza era Paola Paggi.
Rimasi colpito, affascinato, dal suo stile, dalla sua educazione e dalla sua notevole eleganza che in campo sapeva trasformarsi in grande carattere e agonismo. Paola era indiscutibilmente una ragazza splendida così come oggi è una donna meravigliosa.
Ho seguito Paola sempre, da vicino e da lontano, con un occhio particolare e con grande rispetto. Quando mi disse “basta, smetto…” è stato naturale provare grande amarezza: perché l’ho vista in campo fino all’ultima partita e so che ancora oggi, tatticamente e fisicamente, lei potrebbe tranquillamente giocare da titolare in A1 con una squadra di alto livello.
L’ho incrociata, ci siamo scattati una foto, ci siamo salutati e le ho detto di persona che mi dispiacerà non vederla più in campo: ma sono molto curioso di vedere cosa vorrà fare adesso. Qualsiasi cosa deciderà di fare andrà bene perché con la sua testa, il suo carattere e la sua educazione Paola non può fallire.
Il campo di pallavolo perde un esempio di stile, longevità, impegno e dedizione: un vero esempio. Mi auguro che qualcuno le dia spazio per trasmettere i suoi valori con un ruolo da tecnico o da dirigente: la pallavolo ha un bisogno disperato di esempi positivi e di esperienza reale.