Di Roberto Zucca
Delle difficoltà, delle annate meno vittoriose di ciò che si sperava all’inizio, Luca Spirito ne ha fatto un’enorme forza. E col tempo, ma soprattutto col lavoro silenzioso, metodico e meticoloso, è riuscito a diventare nel tempo uno dei registi di punta del nostro campionato. La WithU Verona lo stringe a sé, per il settimo anno. E se in qualsiasi matrimonio il settimo anno è indice di prova, per Luca e la squadra scaligera sembra tutt’altro:
“Ormai questa città è la mia casa. Tanto che quando penso o dico semplicemente che devo tornare a casa, il riferimento è proprio a Verona. Sento attorno a me una bella fiducia, una stima reciproca, e non riesco a vedermi in un altro luogo. Sono ormai sette anni che gioco in questa squadra, ma riesco sempre a trovare le energie per pensare a questa esperienza come qualcosa di estremamente stimolante“.
Ci sono stati alti e bassi per questa squadra. Da cosa si riparte quest’anno?
“Dall’entusiasmo che si avverte sia per la squadra che si sta formando, sia per gli elementi che vengono inseriti per portare valore aggiunto a questa società. Si, gli anni un po’ più complicati di altri ci sono stati, ma l’aria nuova che si respira mi piace“.
Verona tornerà dove merita?
“Ci sono i presupposti per puntare non solo alla salvezza, ma a qualcosa di più. E cercheremo di andare a centrare quegli obiettivi. Possiamo farcela. Dall’altra troviamo certamente un campionato in cui anno dopo anno le altre compagini si attrezzano per fare meglio dell’anno precedente. Penso alla solita Perugia, ma anche a Trento e a Piacenza, che quest’anno ha migliorato il suo roster. Saranno avversarie toste“.
Dopo sette anni cosa è rimasto del vecchio Luca Spirito?
“Nella persona sono rimasto tale e quale a quando varcai per la prima volta la soglia del palazzetto. Come giocatore credo di aver fatto un percorso, che mi ha fatto crescere ma soprattutto mi ha reso una persona più consapevole. Quando ero più giovane forse certe insicurezze dell’età potevano essere facilmente prese di mira. Ora riesco ad impormi maggiormente“.
Quanto ha contato avere allenatori dalla personalità così marcata come i suoi?
“Ti aiutano nel percorso. Ho lavorato con Rado (Stoytchev, n.d.r.), ma anche con Grbic, Giani e Soli. Tutte personalità molto diverse tra loro, e tutti con i loro caratteri. Di fronte ad allenatori così devi sempre trovare una quadra e devi imparare a plasmare il lavoro in maniera differente. È indubbio che da esperienze simili si esce con una maturità differente“.
La Liguria e il mare ora le mancano un po’ meno?
“La distanza dal passato la senti, soprattutto se, causa Covid, i giorni in cui puoi vedere la famiglia o gli amici si riducono drasticamente. Ma appena finisco il campionato riesco a trascorrere un mese a casa, ritrovando i miei nipoti, mio fratello e la mia famiglia“.
Al Beach non ci pensa più?
“(ride, n.d.r.) No, dai, ogni tanto sì. Adesso torno qualche giorno in Liguria e la partitella e la tappa in spiaggia sarà d’obbligo. Sono le ultime settimane che avrò a disposizione prima di buttarmi nella nuova stagione!“.