Vicky Giommarini, dalla VCU alla Francia: “Negli States ho capito quanto conta la squadra”

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Di Redazione

Iniziamo oggi nell’ambito della rubrica “USA College” una rassegna che ci porterà a scoprire le storie di giovani pallavoliste e pallavolisti italiani che, dopo aver giocato nei campionati universitari americani, hanno scelto di proseguire la loro carriera sportiva, e spesso anche accademica, in altre leghe straniere. Cittadini, o forse meglio “atleti” del mondo, che ci racconteranno le loro esperienze ed i loro progetti.  

Cominciamo con Vicky Giommarini (all’anagrafe Maria Victoria), classe 1996, nata in Argentina, ma cresciuta in Italia: dopo l’esperienza nelle giovanili con il Volleyrò Casal de’ Pazzi, la società più titolata d’Italia, la partenza per gli States, una laurea in Environmental Sciences alla VCU (Virginia Commonwealth University) e una vittoria del campionato, da poche settimane si trova a Clamart, piccolo comune francese alle porte di Parigi, dove ha iniziato la preparazione con la sua nuova squadra.

Partiamo dall’attualità: oggi sei in Francia. Raccontaci dove giochi e cosa stai facendo a livello di studio. Che ambiente hai trovato? 

Inizialmente avevo deciso soltanto di dedicarmi solo allo studio e fare i miei master in Europa visti questi tempi incerti, ma successivamente, parlando con un’amica mi sono detta: ‘Perché non continuare a fare entrambe le cose?’. Quindi ho contattato il mio procuratore e, dopo aver ricevuto diverse offerte, ho deciso di giocare a Clamart. La società, che milita nella Ligue Nationale 1, mi ha accolto con molto entusiasmo e gentilezza. Anche se non tutti parlano inglese, fanno di tutto per farsi capire. Fortunatamente ci sono alcune ragazze che lo parlano molto bene e mi traducono per farmi capire cosa dicono o gli esercizi“.

Sei giovanissima, ma hai già avuto la possibilità di giocare in Italia, negli Stati Uniti e ora in Francia. Quali differenze hai trovato a livello di pallavolo, sia in termini di allenamento che di competizione?

La differenza più grande che ho trovato è che gli Stati Uniti danno molta importanza ai pesi e al lavoro di squadra. Se qualcuna commette un errore, dal non indossare il giusto abbinamento o dal non presentarsi in orario, scatta la punizione di squadra, mai individuale. Il livello di competizione e di allenamento sono simili in tutti e tre i paesi, l’unica cosa che varia sono alcune regole a livello del gioco ma niente di più“.

Sei cresciuta a livello sportivo nel Volleyrò, uno dei migliori settori giovanili d’Italia, se non il numero 1. Quanto ha inciso sulla tua crescita poter giocare in un ambiente così e quali sono stati i passaggi fondamentali della tua esperienza a Roma? C’è un coach in particolare a cui devi molto?

Giocare al Volleyrò ha inciso molto sulla mia formazione pallavolistica. Grazie a loro ho avuto delle solide basi e delle esperienze indimenticabili come per esempio vincere lo scudetto giovanile! Tutti gli allenatori mi hanno aiutato ad essere la giocatrice che sono. Alessandro Giovannetti è stato il mio primo allenatore al Volleyrò, infatti è stato lui ad insegnarmi ad amare la pallavolo e a costruire i miei fondamentali: se non fosse stato per lui, oggi, non sarei in grado di ricevere! A consolidare queste basi e a rendermi più forte caratterialmente sono stati Luca Pieragnoli e Luca Cristofani. Loro hanno contribuito in maniera netta alla mia formazione come atleta. Grazie ad entrambi so cos’è il duro lavoro. Inoltre, mi hanno insegnato ad essere determinata e a non mollare mai“.

Grazie a Sportlinx360 sei approdata in Virginia, per studiare e giocare alla Virginia Commonwealth University con una borsa di studio. Ti sei laureata in Environmental Sciences e hai giocato con la squadra di pallavolo dell’Università. Ma prima della tua partenza c’è un aneddoto particolare. Puoi raccontarci tu la storia?

Prima di andare a giocare in Virginia ho giocato per dua anni in due squadre di B1 lontane da casa. Siccome fino a quel momento non avevo mai vissuto da sola o con delle coinquiline, decisi di fare un po’ di esperienza. Il primo anno non è stato facile, ma con il supporto della mia famiglia e dei miei amici sono andata avanti. Durante questi due anni sono diventata più indipendente, e ho migliorato il mio inglese. Ho ritardato di un anno la partenza per gli States e l’allenatrice e il college mi hanno aspettato, conservando la mia borsa di studio per l’anno successivo: una cosa che mi ha dato ulteriore conferma di aver scelto il posto giusto per me“.

Parliamo dell’esperienza americana. Fare lo studente-atleta è un qualcosa di entusiasmante ma allo stesso tempo pesante. Come è stato l’impatto con una realtà accademica e sportiva totalmente diversa dall’Italia? Quanto e come è cambiata la tua vita?

In Italia ero abituata a tornare la sera tardi ed a studiare fino a tardi, cosa che mi ha reso una persona molto organizzata, rendendo più facile la transizione in America. La parte più pesante è quando si gioca (quindi da agosto a novembre), perché si viaggia molto, si perdono lezioni e devi recuperare i test. Per fortuna abbiamo la possibilità di avere un Advisor che ti supporta nell’organizzare la tua scheda semestrale. Questa persona ti aiuta con la scelta delle classi e degli orari in modo da rendere tutto un po’ più semplice e a perdere il minor numero possibile di lezioni“.

E’ stata sicuramente una esperienza importante per te. Cosa ti ha dato, o meglio, cosa ti ha lasciato, a livello sportivo e soprattutto umano?

È un’esperienza che rifarei ad occhi chiusi. A livello pallavolistico mi ha fatto capire l’importanza della squadra, di giocare non per te stesso ma per la tua squadra, di fidarsi l’una all’altra. Essere anche capitano per due anni mi ha aiutato ad esprimere e a comunicare con diverse personalità, a prendere decisioni che influiscono non solo su me stessa, ma anche sulla mia squadra ed essere una figura modello per le più giovani. A livello umano non mi ha solo fatto diventare molto più matura e responsabile, ma anche molto più estroversa“.

Se dovessi citare tre momenti indimenticabili della tua esperienza americana quali ricorderesti in particolare?

È dura scegliere soltanto tre momenti. Però quelli che mi sono rimasti più impressi nella mente sono quando sono arrivata nella mia università e i miei allenatori mi hanno mostrato il campus. Mi ricordo ancora che il mio primo pensiero fu: ‘Wow, sembra di essere in un film!’. Allora il mio campus mi sembrava così grande che pensai che mi sarei persa, ma con il tempo mi ci sono abituata. Il secondo momento indimenticabile è quando abbiamo vinto il campionato nel 2017. La nostra scuola non lo vinceva dal 2005! 

Il terzo è stato la mia Senior Night. La Senior Night è un evento dedicato agli atleti all’ultimo anno di università: prima dell’inizio dell’ultima partita in casa tutti gli student-athletes dell’ultimo anno vengono accompagnati in campo da membri della propria famiglia per ricevere le onorificenze. Purtroppo i miei genitori non erano riusciti a venire, quindi chiesi al mio strength coach di accompagnarmi: una persona che stimo molto e che mi ha aiutato tantissimo nella mia crescita sia a livello personale che in palestra. Il momento indimenticabile è stato quando gli domandai se mi poteva accompagnare, lui mi guardò con occhi lucidi e mi abbracciò dicendomi che sarebbe stato un onore e che nessuno in 20 anni della sua carriera glielo aveva mai chiesto“.

Oggi che sei in Francia, cosa ti aspetti da questa nuova avventura? 

Per il momento spero che il campionato non venga cancellato! Mi aspetto di vivere tantissime belle esperienze e di crescere ancora di più a livello personale e come atleta. E l’inizio per ora possiamo dire che è stato incoraggiante: due vittorie su due partite di campionato disputate, l’ultima per 3-1 nel week end appena trascorso“.

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