Zlatanov: “Non farò l’allenatore, ma resto alla finestra…”

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L’ultima palla caduta lunedì sera, al termine del match della final four per i playoff per la Challenge Cup tra LPR Piacenza e Bunge Ravenna, ha decretato anche la fine della stagione della squadra di coach Giuliani e, inevitabilmente, la conclusione della carriera di Samuele Papi e Hristo Zlatanov. Due immensi campioni che hanno fatto sognare gli amanti dello sport che tutti i giorni vi raccontiamo.
L’intervista di questa settimana vede come protagonista proprio Hristo Zlatanov, diviso tra le sensazioni del passato e le aspettative sul futuro.

Qual era il tuo primo pensiero da atleta, alla mattina, e qual è diventato adesso, che hai iniziato una vita da ex giocatore?
Devo essere sincero, è passato ancora troppo poco tempo e pensieri, per ora, ancora non ne ho. Adesso non ho orari, tutto è molto più libero. Fino a qualche giorno fa, facevo la vita dell’atleta: avevo sempre un programma da seguire e la frase più ricorrente, quando si parlava di impegni personali, era… “non posso”. Ora vivo una quotidianità più libera e gli orari me li creo e gestisco io.

La pallavolo in questi anni è cambiata molto: quali sono le evoluzioni che ti sono rimaste più impresse?
In questi anni sono cambiati davvero tanti aspetti della pallavolo. Quando venne introdotto il Rally Point System, quasi nessun addetto ai lavori lo vedeva come una innovazione positiva e comprensibile. Ora, invece, ti dico che non riuscirei mai a vedere la pallavolo come una volta, con partite che effettivamente duravano troppo tempo. Un altro aspetto è il valore delle squadre: 20 anni fa chi era più forte vinceva senza problemi, era scontato. Adesso, la differenza di valore tra le squadre non determina necessariamente in partenza il risultato, tutti i match sono più equilibrati. Credo sia corretto anche parlare di una “evoluzione nell’evoluzione” quando si fa riferimento agli ultimi 25 anni. Prendo come esempio la figura del libero. L’introduzione di questo ruolo ha comportato una minor “tecnicità” dei centrali, tutta la pallavolo di oggi è nel suo complesso meno tecnica e più “fisica”, con allenamenti specifici per ogni ruolo. Prima dell’introduzione del libero tutti dovevano saper ricevere. Quando parlo di molteplici evoluzioni mi riferisco, per esempio, all’ultima tendenza che riguarda sempre il libero: ora, è diventato addirittura un secondo palleggiatore in campo e viene allenato tatticamente anche per alzare.

Samuele Papi, Hristo Zlatanov, prima ancora la Generazione dei Fenomeni: ci sono i presupposti per sostituire i grandi della pallavolo italiana?
I presupposti ci sono, perché la pallavolo ha bisogno di questo per crescere e farsi sentire. Un esempio pratico è il successo che ha ottenuto il volley italiano alle Olimpiadi, e una figura come quella di Ivan Zaytsev in questo processo è fondamentale. Il nostro mondo ha bisogno di questa pubblicità, perché non abbiamo la concezione del fenomeno del calcio, dove ogni giorno nascono nuovi personaggi. Il nostro sport ha bisogno di grandi nomi che possano trainarlo per meriti sportivi.

Quale sarà il domani del Volley?
Il volley del domani sarà sempre più fisico, di questo sono sicuro: oggi, infatti, vengono toccate delle altezze impressionanti. Un tempo quando arrivavi a 3,50 metri in elevazione eri un ottimo giocatore, io arrivavo a 3,67 ed ero considerato un “fuorilegge”. Ora un giocatore come Simon tocca i 3,91 metri. Altezze e numeri così impressionanti che un domani, secondo me, si renderà necessario anche alzare la rete.

E quale sarà il domani di Hristo Zlatanov, uno dei personaggi più amati della pallavolo?
Cosa farà “da grande” Zlatanov ancora non lo so. Sono alla finestra, anche in attesa di una chiamata dal mondo dello sport e del volley. Non ho assolutamente intenzione di fare l’allenatore, di questo sono sicuro perché non rispecchia le mie caratteristiche e il mio carattere. Attualmente continuo a portare avanti le attività che gestisco da una decina di anni. Il resto, si vedrà…

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